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LA LEGGE

ULTIMA ORA

TASSE DI CONCESSIONI GOVERNATIVE
TUTTO QUELLO CHE OCCORRE SAPERE
SULLA VALIDITÀ DEL PORTO D’ARMI USO CACCIA
a cura dell’avv. Francesco Occhiuto
 


(23/01/2025)

Un argomento assai spesso dibattuto tra i seguaci di Diana riguarda l’annosa questione della validità del porto d’armi uso caccia (non scaduto) in assenza del pagamento della famigerata tassa di concessione governativa. In effetti, trattasi di tematica molto specifica che, se non attenzionata nel modo opportuno, rischia di generare confusione, esponendo a sanzioni i più disattenti.
Sul punto, la circolare del Ministero dell’Interno (Circ. Min. Interno nr. 557/PAS7U/008463/10100.A(1)1) datata 20.05.2016 cerca di rispondere in ordine alla fattispecie che qui ci occupa richiamando alcune normative di riferimento.
Al riguardo, viene osservato con la richiamata circolare che la licenza di porto d’armi costituisce, ai sensi dell’art. 61 Reg. T.U.L.P.S., un documento complesso formato dal libretto e dal foglietto aggiunto con le indicazioni delle caratteristiche dell’arma di cui è autorizzato il porto e l’attestazione comprovante l’avvenuto pagamento della tassa annuale sulle concessioni governative nella misura stabilita per il tipo cui appartiene l’arma oggetto dell’autorizzazione.
La mancanza di uno solo degli elementi che compongono la licenza, trattandosi di due differenti atti amministrativi impegnanti due distinte volontà della P.A. che, nel loro contenuto unitario, rappresentano la operatività dell’autorizzazione definitiva al porto delle armi, rende invalida l’autorizzazione, oltre che per la specifica finalità per cui essa è rilasciata, anche con riferimento alle attività connesse alla sua titolarità (es. acquisto armi e munizioni).
A ciò si aggiunge che il pagamento della prescritta tassa non rappresenta un puro adempimento di natura fiscale, dato che l’art.8 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.641 dispone l’inefficacia degli atti sino a quando non siano corrisposte le dovute tasse.
Sulla questione in argomento, si è anche espressa la competente Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa, con nota prot. 954-13036/2011, del 27.04.2011.
Il Ministero dell’Interno prosegue affermando che, con l’entrata in vigore della legge 36/90 (il cui art. 6 ha considerato non più reato il porto di arma da caccia con la licenza per la quale si sia omesso il pagamento della tassa in argomento), il mancato rinnovo annuale del pagamento del tributo, pur causando l’invalidità della licenza, comporta, nel caso di porto d’armi da caccia, la configurabilità di un illecito amministrativo (v. Cass. n. 01553 del 13.06.1990 sez. I).
Del resto, viene ancora osservato dal Ministero, va pure considerato che nella Tariffa annessa al suindicato D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (Titolo II, art. 5, note, punto 1) si stabilisce, per la licenza uso caccia, che la tassa deve essere pagata per ciascun anno successivo a quello di emanazione, prima dell’uso dell’arma, e non è dovuta per gli anni nei quali non se ne fa uso. Dunque, nel corso del periodo di validità della licenza medesima, è facoltà del titolare corrispondere la prevista tassa di cc.gg. solo per gli anni in cui intende effettivamente fare uso della propria licenza di caccia.
Con riferimento alla possibilità di utilizzare la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia per l’esercizio del tiro a volo, la legge 18 giugno 1969, n. 323 ha previsto che “…è in facoltà del Questore (…) rilasciare a chi ne faccia richiesta (…) apposita licenza che autorizza il porto delle armi lunghe da fuoco dal domicilio dell’interessato al campo di tiro e viceversa…” al soggetto che intenda svolgere l’esercizio dell’attività di tiro a volo “…qualora sia sprovvisto di licenza di porto d’armi lunghe da fuoco concessa ad altro titolo…” (all’epoca per il porto di fucile era ancora vigente la locuzione “anche per uso di caccia”).
Ne discende che l’interessato, qualora sia munito di “licenza di porto di fucile anche per uso di caccia” possa utilizzarla anche per l’attività di tiro a volo, sempreché tale licenza sia efficace e in corso di validità.
Poiché l’articolo 8 del citato DPR n. 641 del 1972, stabilisce che “Gli atti per i quali sono dovute le tasse non sono efficaci sino a quando queste non siano pagate”, ne discende che, qualora si intenda fare uso della licenza di porto di fucile anche per uso di caccia per l’esercizio dell’attività di tiro a volo, deve essere corrisposta la tassa annuale di concessione governativa.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche con riferimento all’utilizzo della licenza per l’acquisto di armi.
Per le considerazioni sopra esposte, conclude il Ministero dell’Interno con la circolare suindicata oggetto di disamina, deve quindi ritenersi che, anche nel caso di acquisto di armi, è necessario che l’utilizzo della licenza sia accompagnato, affinché sussista l’efficacia di tale documento, dal pagamento della tassa sulle concessioni governative prevista dall’articolo 5 della tariffa allegata al DPR n. 641 del 1972.
In conclusione, a parere di chi scrive, a quanto disposto dall’art. 8 del D.P.R. n. 642/1972, che prevede per l’appunto l’inefficacia degli atti sino a quando non siano corrisposte le dovute tasse, cristallizza il fatto che la licenza di porto di fucile uso caccia, seppur avente una validità di 5 anni (6 per quelle rilasciate fino al 13 Settembre 2018), deve ritenersi efficace solo subordinatamente al rinnovo annuale del pagamento delle tasse CCGG. In assenza del versamento, la licenza, seppur ancora valida, non produce effetti giuridici e quindi non è utilizzabile per alcuna attività legata all’uso delle armi. Resta, in ogni caso, titolo valido per la detenzione di armi e materiale esplodente, di cui già si è in possesso, fino alla naturale scadenza dei cinque anni.
Sul tema, sempre importante, delle possibili sanzioni che si rischiano nel caso della mancata osservanza delle disposizioni di legge con riferimento alla fattispecie in esame, deve essere rilevato che la giurisprudenza, non di rado, si è discostata dalle interpretazioni fornite al riguardo dalla richiamata circolare Ministeriale. Infatti, secondo l’attuale orientamento giurisprudenziale, il mancato pagamento delle tasse di concessione governativa per l’anno in corso, per l’esercizio dell’attività venatoria con una licenza di porto di fucile uso caccia, fa incorrere nelle seguenti sanzioni:
  • sanzione amministrativa di cui all’art. 31, comma 1, lett. c), L. n. 157/1992;
  • sanzione penale di cui all’art. 699 C.p. in combinato disposto con l’art. 15 L. n. 497/1974.
Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che in questi casi il porto dell’arma è da ritenersi “abusivo per mancanza di validità della licenza per uso caccia conseguente all’omesso pagamento della tassa di concessione governativa” e “integra gli estremi della contravvenzione prevista dal combinato disposto dell’art. 699 c.p. e L. n. 497 del 1974, art. 15” (Cass. Pen. 27707/2020, Cass. Pen. 17497/2020 e già Cass Pen 19/05/1986, contra Cass. Pen. 01/06/1990).

ANUUMigratoristi: bene le modifiche alla 157 approvate con la Legge di Bilancio 2025, ma ora occorre la disponibilità e l’impegno del Governo a condividere e programmare con le Associazioni venatorie le azioni necessarie a garantire un futuro all'attività venatoria in Italia


(17/01/2025)

ANUUMigratoristi approva e apprezza le modifiche alla legge 157 introdotte con la Legge di Bilancio 2025 considerandole un primo importante passo in avanti per cercare di ridare sicurezza e certezza del diritto ai cacciatori italiani mettendo al riparo i calendari venatori dai ricorsi strumentali presentati dalle associazioni animaliste.
Con una nota inviata al Ministro Lollobrigida, che ha mantenuto l’impegno che si era assunto in tal senso, ANUUMigratoristi ha ringraziato tutti coloro che a livello di Governo e di Parlamento hanno reso possibile questa modifica.
ANUUMigratoristi ha anche auspicato che ora il Governo e le Regioni avviino subito un coordinamento tecnico-giuridico per prepararsi ad accompagnare l’applicazione pratica delle nuove disposizioni introdotte dalla Legge di Bilancio prevenendo ed evitando qualsiasi intoppo giuridico-amministrativo che, senz’altro, le associazioni animaliste cercheranno di inventarsi per continuare a disturbare un normale e ordinato svolgimento delle prossime stagioni venatorie.
Nello stesso tempo, ANUUMigratoristi ha evidenziato che però resta ancora molto lavoro da fare per garantire un futuro all’attività venatoria in Italia, affrontando e risolvendo con adeguata progettualità e determinazione tutte le altre problematiche venatorie rimaste ancora sul tappeto.
Basti pensare alla necessità, solo per fare qualche esempio:
  • di adeguare la Legge 157/92 nel suo complesso al mutato contesto agro-ambientale e faunistico come strumento di gestione e conservazione;
  • di rivedere il ruolo di ISPRA;
  • di rivedere la Legge 394/91 sulle aree protette molte delle quali, prive dei requisiti sulle quali sono fondate ed in assenza di una qualsiasi gestione, pongono solo degli inutili vincoli che sembrano perniare sul solo scopo di sottrarre territori alla caccia;
  • di avviare concretamente le procedure tecniche e politiche per la revisione dei Key Concepts italiani, come ampiamente appurato, assolutamente anomali ed ingiustificati e dai quali dipendono le date di apertura e chiusura del prelievo venatorio di molte specie;
  • di risolvere definitivamente l’assurda questione piombo per l’utilizzo nell’attività venatoria;
  • di cancellare il problema valichi non previsto da nessuna disposizione comunitaria;
  • di disciplinare l’effettiva possibilità di rifornimento di richiami vivi per l’attività venatoria, per rinsanguamento degli allevamenti e per fiere e sagre, così come previsto dalla Direttiva Uccelli e dalla Guida Interpretativa;
  • di prevedere la reale e concreta possibilità di prelievo in deroga a difesa delle colture agricole ed a salvaguardia delle tradizioni culturali locali;
  • di garantire un efficace ed agevole controllo, come servizio di pubblica utilità, delle specie problematiche ed opportuniste, alloctone e autoctone, che minacciano l’ambiente, la biodiversità, la zootecnia, l’agricoltura, la sicurezza stradale e ora, con la questione grandi carnivori (orsi e lupi) anche la sicurezza delle persone e degli animali da affezione, cani da caccia compresi, valorizzando la figura del cacciatore come Bioregolatore;
  • di garantire controlli corretti ed imparziali sui cacciatori contrastando comportamenti spesso vessatori ed umilianti;
  • di normare per prevenire e punire severamente le aggressioni degli ecoterroristi a danno dei cacciatori e delle loro sedi e strutture venatorie;
  • di impedire al servizio pubblico televisivo di continuare a fare disinformazione, senza un adeguato contradditorio sull’attività venatoria offendendo pesantemente chi la pratica.
Per questi motivi ANUUMigratoristi ha comunicato di contare sulla necessaria disponibilità del Governo a condividere e programmare urgentemente con le Associazioni venatorie, insieme ma nel rispetto dei reciproci ruoli, un reale percorso tecnico e operativo idoneo ad affrontare e definitivamente risolvere i problemi elencati che ormai da troppi anni affliggono la caccia in Italia.

IL CONSIGLIO DI STATO CONFERMA
IL CALENDARIO VENATORIO LOMBARDO
 


(11/12/24)

Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha respinto in sede cautelare l’istanza delle Associazioni animaliste per la sospensione degli effetti della sentenza con la quale, a ottobre scorso, il TAR Lombardia aveva affermato la piena legittimità del calendario venatorio lombardo 2024/25. Pertanto, la stagione venatoria continua a svolgersi regolarmente fino a conclusione secondo modalità e tempistiche indicate dal calendario stesso. La pronuncia è molto significativa per aver riconosciuto alle Regioni la possibilità di discostarsi dai Key Concepts (KC) in quanto essi hanno una “valenza statistica di tipo probabilistico prudenziale, suscettibile di prova contraria sulla scorta di elementi idonei ad evidenziare tempistiche riproduttive diverse”. Il Consiglio di Stato ha poi evidenziato come la metodologia italiana, adottata da ISPRA, per la determinazione della migrazione, non è quella su base statistica, per la quale viene considerata «in migrazione» una specie quando la maggior parte o la media della popolazione si «mette in migrazione», come fanno le nazioni limitrofe alla nostra, ma quella su «base cautelativa precauzionale» che considera la specie in migrazione quando per questa si individuano «i movimenti più precoci sul territorio». Invero, occorre precisare che i KC italiani, non hanno preso a riferimento come data di inizio della migrazione prenuziale il momento in cui gli spostamenti migratori interessano una frazione consistente delle popolazioni presenti nel Paese; i dati degli altri Stati muovono invece dalla distinzione fra movimenti erratici invernali, non migratori e il vero inizio della migrazione prenuziale, questo anche segnalato dalla Commissione Europea. Il Consiglio di Stato ha, altresì, affermato che la motivazione con cui Regione Lombardia si è discostata dal parere di ISPRA risulta supportata da una istruttoria “appropriata e completa in relazione alle diverse valutazioni dei diversi organi istituzionali e alle linee guida europee”. Si tratta di un’importante decisione che, unitamente alla sentenza del TAR di ottobre che sottolineava come “l’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana” diventano un caposaldo per la stesura dei futuri calendari venatori e la loro valenza. Vogliamo ancora ricordare come il TAR abbia riconosciuto il valore della caccia e delle sue attività, che “sebbene abbiano perso ormai il loro carattere originario di prevalente, se non addirittura esclusiva, fonte di sostentamento delle comunità, rappresentano parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale. Si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana”. É stato premiato lo sforzo compiuto dalla Regione nella raccolta di dati scientifici affidabili e aggiornati in ordine alle dinamiche della migrazione e allo stato di conservazione delle varie specie, nonché il supporto che alcune associazioni venatorie (l’ANUU con l’avvocato Pietro Balletti), hanno offerto ai legali regionali, al fine di ottenere questi risultati. Si tratta davvero di un ottimo esito che deve essere di sprone per la Regione per approvare il calendario della prossima stagione il prima possibile (le procedure sono già state avviate da metà novembre, NdR), in modo da dimostrare ancora una volta il vero valore dell’attività venatoria e di consentire la difesa innanzi ai giudici, riducendo al minimo la possibilità di sospensioni dell’ultimo minuto, a ridosso dell’apertura. Si spera altresì che la politica italiana vorrà finalmente valorizzare l’attività venatoria come avviene nel resto d’Europa.

CONVENZIONE DI BERNA:
DECLASSATO LO STATUS DEL LUPO
 


(11/12/24)

Il Comitato Permanente per la Convenzione di Berna ha approvato, con una larga maggioranza, il declassamento del lupo (Canis lupusda “specie particolarmente protetta” a “specie protetta”. Questo passaggio non implica alcuna autorizzazione alla caccia, ma piuttosto una possibilità di gestione delle popolazioni di lupi, sempre nel rispetto della conservazione della specie, che in alcuni Paesi e contesti crea eccessive problematiche causa il sovrannumero di esemplari. Questo dovrebbe essere visto di buon occhio da chi ha cuore la biodiversità e le realtà del territorio, in primis agricoltori e allevatori. Occorre altresì precisare che nell’UE – della quale fa parte anche l’Italia – nulla potrà comunque essere programmato né fatto, sino a che non verranno modificati anche gli allegati alla Direttiva Habitat: non basta, cioè, la modifica della Convenzione di Berna per agire nell’Unione Europea, per quanto essa sia stato il primo, decisivo passo. Nonostante tutte queste evidenti considerazioni, dobbiamo ancora prendere atto che taluni animalisti, miseramente, cercano di confondere l’opinione pubblica con false informazioni finalizzate per l’ennesima volta a demonizzare l’attività venatoria, che in questo caso nulla ha a che fare con la gestione della specie.

ANUU MIGRATORISTI CONTRARIA AL
“PIANO QUINQUENNALE DI CONTROLLO DEL COLOMBACCIO IN EMILIA-ROMAGNA”


(10/12/2024)

SENTENZA TAR CALABRIA


(11/11/2024)

E’ giunta come un fulmine a ciel sereno la sentenza del TAR Calabria, che pur rigettando gran parte del
ricorso al Calendario Venatorio 2024/25, promosso da alcune Associazioni ambientalistiche, ha di fatto
ridotto il periodo di caccia dal 30 al 9 gennaio al Tordo Bottaccio, Tordo Sassello e Cesena in tutta la
regione Calabria.
Le Associazioni venatorie riconosciute, aderenti l’attuale coordinamento regionale ritengono paradossale e
ingiustificabile il fatto che la Regione Calabria attraverso l’Assessorato competente non abbia ritenuto utile
informare per tempo, quest’ultime, del deposito di tale ricorso al TAR avverso il calendario venatorio.
Entrando nel merito della sentenza, che compromette in maniera significativa una delle pratiche venatorie
più sentita dai cacciatori della nostra regione, diciamo senza ombra di dubbio che la stessa è figlia di un
parere molto discutibile da parte dell’ISPRA, che nel redigere anni fa i Key concepts ha messo nero su
bianco che le suddette specie iniziano la migrazione pre-nuziale nella prima decade di gennaio. Sappiamo
tutti che questo non è veritiero, anzi è un falso scientifico, e tutto ciò è comprovato dalle altre nazioni che
si affacciano sul bacino del mediterraneo, che fanno risalire l’inizio della migrazione pre-nuziale
mediamente ad un mese dopo. Inoltre il TAR, avrebbe dovuto tenere in debita considerazione nella sua
sentenza che il parere dell’ISPRA non è vincolante nella stesura dei Calendari venatori, bensì il parere è
meramente consultivo.
Atteso che negli ultimi anni i Calendari venatori li scrivono i Tar (anomalia tutta italiana), e che il danno è
fatto, questo Coordinamento regionale, chiede con forza all’Assessore Gallo un netta presa di posizione a
difesa dell’attuale Calendario venatorio e di tutti i cacciatori calabresi, promuovendo senza esitazione
alcuna ricorso al Consiglio di Stato, e di darne tempestiva comunicazione al Coordinamento scrivente che
ricordiamo rappresenta 6 Associazioni venatorie riconosciute nella nostra regione.
Lamezia Terme li, 08 Novembre 2024
ANUU Migratoristi- Bruno Zema
ARCI CACCIA – Andrea De Nisi
ENALCACCIA – Pasquale Loria
EPS- Serafino Nero
ITALCACCIA – Pasquale Martino
LIBERA CACCIA- Scavelli Francesco

CALENDARI VENATORI REGIONALI: INVERSIONE DI MARCIA DEI TAR?
 


(23/10/2024)

A bocce (quasi) ferme, possiamo avviare le prime valutazioni di merito rispetto alle pronunce dei TAR sui calendari venatori regionali 24/25. Infatti, alcuni di essi, al momento in cui scriviamo si sono definitivamente espressi sui calendari regionali di rispettiva competenza, ovvero sono già andati a sentenza, quindi chiudendo la fase cautelare (quella delle sospensive, per intenderci) per passare al merito dei contenuti sia dei ricorsi che, ovviamente, dei calendari impugnati. Ebbene, particolarmente in quattro casi abbiamo assistito a quella che, per pura scaramanzia, non definiamo inversione di marcia ma che invece ne ha tutto l’aspetto. Si tratta dei TAR della Lombardia, dell’Emilia-Romagna, dell’Umbria e della Sicilia, che in buona sostanza hanno rigettato i quattro ricorsi, conferendo vittoria quasi piena alle amministrazioni regionali coinvolte. Dobbiamo precisare “quasi” perché, nel caso della Lombardia, la parziale sospensione dell’apertura generale al 15 settembre non aveva più interesse alla data del 1° ottobre, data in cui si è riunito il collegio del TAR; e nel caso dell’Umbria, analogo destino ha seguito la preapertura del 1° settembre alla tortora selvatica, ugualmente abbondantemente alle spalle rispetto alla data in cui si è svolta l’udienza collegiale (24 settembre). Ciò significa che su queste previsioni dei due calendari regionali – apertura generale alla terza domenica di settembre e preapertura alla tortora – non c’è stata quest’anno una pronuncia di merito dei due TAR, che le hanno dichiarate “improcedibili” perché temporalmente sorpassate, ma soltanto una pronuncia in fase cautelare, cioè quella ove si decide di sospendere o meno una disposizione del calendario, demandando la decisione di merito alla fase successiva. Non si dispone, dunque, di quest’ultima, che sarebbe stata comunque importante come traccia giuridica per i calendari 25/26, sempre che, beninteso, le due Regioni adotteranno disposizioni analoghe a quelle impugnate quest’anno e che le stesse saranno oggetto di nuovi ricorsi. Torniamo all’oggi. In Lombardia e in Umbria si è già conclusa anche la fase di merito, mentre in Emilia-Romagna e in Sicilia si è chiusa solo la fase cautelare, per quanto con esito pienamente favorevole ai calendari regionali. Nel caso della Lombardia, si è assistito a una vera Caporetto per le ricorrenti, che forse, dopo il parziale successo ottenuto grazie al decreto monocratico con cui la presidente del TAR Milano aveva sospeso l’apertura generale all’avifauna del 15 settembre, avevano confidato di ottenere un risultato pieno: e invece no. Sconfitte sulle chiusure di gennaio a beccaccia, Turdidi e uccelli acquatici; sulle giornate aggiuntive settimanali di caccia alla migratoria da appostamento fisso in ottobre/novembre; sulla caccia vagante in gennaio e sulla caccia alla migratoria in generale. Non solo: è stata rigettata e smontata anche la tesi scellerata della presunta illegittimità costituzionale dell’attività venatoria in Italia e, pertanto, della legge 157/92 e della legge regionale 26/93. Un volo di Icaro delle ricorrenti che, come il personaggio del mito classico, ha fatto la fine che si meritava schiantandosi al suolo. Sul punto, il TAR ha infatti sentenziato che “Innanzi tutto la norma dell’art. 9 della Costituzione, ancorché inserita nei Principi Fondamentali di quest’ultima, appare di carattere programmatico e non immediatamente precettivo, creando una riserva di legge statale sulle modalità di tutela degli animali e rinviando quindi l’individuazione concreta di tali forma di tutela alle scelte del legislatore statale”. Il che equivale a dire che compete al legislatore statale decidere con legge come sia garantita la tutela degli animali nel rispetto del principio costituzionale secondo cui “La Repubblica (…) tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” che, contrariamente a quanto invocato dalle ricorrenti, non si attua automaticamente. Tuttavia, la vera perla di principio è rinvenibile nel seguente capoverso della sentenza: “L’attività venatoria è praticamente coeva alla storia umana e sebbene abbia perso ormai il suo carattere originario di prevalente – se non addirittura esclusiva – fonte di sostentamento delle comunità, rappresenta parimenti una parte della tradizione sociale e culturale italiana, senza contare che la caccia persegue oggi una finalità non solo ricreativa ma anche di misura di conservazione del patrimonio animale (si pensi all’abbattimento selettivo di specie reputate eccessivamente invasive oppure all’abbattimento per limitare la diffusione di gravi patologie quali la peste suina africana).” Idem in Umbria, ove il TAR con sentenza ha rigettato le istanze delle ricorrenti sulle date di chiusura in gennaio a Turdidi, beccaccia e acquatici, riaffermando come il parere Ispra, benché obbligatorio in quanto deve essere richiesto, non è tuttavia vincolante e le Regioni possono discostarsene con opportune argomentazioni, come fatto per l’appunto dalla Regione. Il TAR umbro ha inoltre precisato: “… dovendo dunque assegnarsi ai Key Concepts valenza statistica di tipo probabilistico prudenziale, suscettibile di prova contraria sulla scorta di elementi idonei ad evidenziare tempistiche riproduttive diverse” il che equivale a dire che i KC, ritenuti da tanti una sorta di intoccabile totem, sono in pratica suscettibili di essere “contraddetti” sulla scorta di elementi idonei a evidenziare periodi di riproduzione differenti rispetto a quelli che riportano per ogni specie. Valutazione che, mutatis mutandis, può estendersi anche ai periodi di migrazione prenuziale. Mica bruscolini! Anche il TAR Emilia-Romagna ci ha messo del suo: come si legge nell’ordinanza emanata in data 26 settembre, il collegio ha ritenuto “che ciascuno dei profili di illegittimità allegati da parte ricorrente sia stato puntualmente confutato nella memoria della Regione, non rilevandosi nella dettagliata motivazione della Regione, per la prima volta integrata con una Relazione tecnico-scientifica, evidenti sintomi di illogicità, erroneità dei presupposti, irrazionalità” che invece erano stati sollevati dalle ricorrenti. Tutti questi TAR hanno peraltro riaffermato, come dire, la dignità del parere del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, che nei ricorsi era stato messo in discussione e catalogato come meno significativo e “recessivo” rispetto a quello dell’ISPRA in quanto ritenuto non esclusivamente tecnico. Dal canto suo, infine, il TAR Sicilia in data 25 settembre, in sede cautelare collegiale, ha respinto la richiesta di sospensione della caccia sull’Isola, confermando in tal modo il rigetto della domanda cautelare delle ricorrenti che era stato già sancito dal solo Presidente con il proprio decreto monocratico di pochi giorni precedente. In questo caso, prima di gridare alla vittoria completa occorrerà attendere la sentenza di merito, che verrà resa dopo l’udienza fissata al 4 dicembre, ma apparirebbe francamente assai inconsueto che, nel merito, venissero a galla motivi tali da ribaltare le decisioni adottate in fase cautelare. Che dire di più? C’è veramente molto poco da aggiungere. Parla per noi l’assoluto e molto significativo silenzio nel quale sono sprofondate le ricorrenti associazioni ambientaliste e abrogazioniste, use a strombazzare per ogni dove le vittorie contro la caccia: alla cui sostenibilità non mostrano di essere minimamente interessate visto che, quest’anno come mai prima, hanno puntato semplicemente a divieti generalizzati, addirittura appellandosi alla Costituzione. Finalmente, le maschere cominciano a cadere. Bye bye. (Palumbus)

ANUUMIGRATORISTI SOLLECITA DECISIONI ISTITUZIONALI
URGENTI PER GARANTIRE RISPETTO E CERTEZZA DEL DIRITTO      
AI CACCIATORI ITALIANI E SI DICHIARA PRONTA AD AVVIARE UNO STATO DI MOBILITAZIONE

 


(08/10/2024)

Bergamo, 07/10/2024L’ANUUMigratoristi ha inviato una nuova comunicazione al Ministro Lollobrigida sollecitandolo a fornire con la massima urgenza le attese risposte istituzionali per garantire rispetto e certezza del diritto ai cacciatori italiani.
L’Associazione dichiara di aver accolto con favore l’annunciata intenzione del Ministro di trovare una soluzione definitiva al problema calendari entro la fine dell’anno per mettere in sicurezza almeno le future stagioni venatorie (visto che ormai purtroppo la stagione corrente è stata irrimediabilmente compromessa), ma nello stesso tempo sottolinea con forza che ad oggi permane una situazione pesantissima e non più sostenibile.
Nella comunicazione al Ministro Lollobrigida l’ANUUMigratoristi ricorda, infatti, che la lista delle questioni da risolvere è lunga e complessa:
  • l’ISPRA non ha mutato atteggiamento nonostante gli incontri e le promesse anche per la questione deroghe (prelievo e catture con riattivazione dei roccoli);
  • permane il problema valichi;
  • non si è ancora attivato concretamente un percorso di lavoro comune e reale per la revisione dei Key Concepts italiani e per la revisione complessiva della legge 157/92;
  • non disponiamo ancora di una identificazione puntuale delle zone umide e delle relative fasce di rispetto in cui vige il divieto dell’uso del piombo;
  • continuiamo ad essere oggetto di controlli spesso vessatori ed umilianti;
  • veniamo insultati e aggrediti da veri e propri ecoterroristi che distruggono le nostre strutture venatorie senza che questi soggetti vengano adeguatamente ricercati e puniti;
  • il servizio pubblico televisivo continua a fare disinformazione sulla caccia e ad offendere la categoria.
Per l’ANUUMigratoristi, è necessaria una fortissima accelerazione dei tempi di risposta istituzionale, dando immediatamente avvio ad un reale percorso tecnico e operativo che veda la collaborazione tra Istituzioni e Associazioni venatorie, nel rispetto dei reciproci ruoli ed assumendosi le rispettive responsabilità associative e politiche, idoneo ad affrontare tutte le problematiche citate con adeguata progettualità e determinazione.
Alla luce di questa situazione ed in mancanza di definitive ed urgentissime iniziative istituzionali in tal senso, il Comitato Esecutivo dell’ANUUMigratoristi Italiani ha quindi comunicato al Ministro di essere pronto a dichiarare l’avvio di uno stato di mobilitazione dei propri associati, con la programmazione di diverse iniziative – compresa l’eventuale proposta di sospensione di ogni forma di collaborazione sino ad oggi volontariamente prestata dai singoli cacciatori in materia di gestione faunistica - che, naturalmente, garantiranno il rispetto delle leggi in materia, all’insegna dell’educazione e del senso civico come sempre hanno fatto e faranno i cittadini cacciatori.

CALENDARI VENATORI, IL VECCHIO E IL NUOVO
 


(19/09/2024)

La bagarre sui calendari venatori regionali, ormai divenuta brutta consuetudine, ci sta confermando anche quest’anno una serie di valutazioni che facemmo già in passato e che, ora, val la pena di ripercorrere, giusto per rinfrescare la memoria di tutti, sia la nostra che quella di chi legge. La prima: per quanto le Regioni possano argomentare i discostamenti dal parere Ispra, anche quest’anno la quasi totalità dei TAR ha dimostrato che il parere medesimo è quasi insuperabile. In parole povere, nella prassi è stato tramutato da obbligatorio che è – nel senso che le Regioni, ai sensi di legge, lo debbono necessariamente richiedere – in sostanzialmente vincolante: se ti discosti, Regione cattiva e distruttrice del tuo patrimonio faunistico, ti bacchetto con la sospensiva e poi si vedrà. La seconda: i presidenti dei TAR che decretano con proprio atto la sospensione dei provvedimenti regionali (quest’anno hanno pagato lo scotto soprattutto le preaperture alla tortora selvatica, ma anche l’apertura generale, vedasi Lombardia), dimostrano palesemente un atteggiamento pilatesco: di fronte alla trita minaccia paventata dalle associazioni ricorrenti del “danno grave e irreparabile al patrimonio faunistico”, innanzitutto per evitare di essere ritenuti corresponsabili del presunto scempio, costoro sospendono la caccia e poi, anche stavolta, si vedrà. Tanto che volete che sia se i cacciatori devono rimanere al palo un paio di settimane in più? Poi potranno cacciare fino a gennaio. Peccato però che le tasse allo Stato e alle Regioni siano state versate per l’intera stagione venatoria, tanto quanto le quote di iscrizione agli ATC e non per durate ridotte e decurtate dalla mannaia della giustizia amministrativa. Ammesso altresì che non vengano poi imposte chiusure anticipate anche in gennaio. La terza: la tutela della fauna selvatica, in quanto spicchio della più ampia competenza esclusiva statale sulla tutela della natura e dell’ecosistema, è oggi chiaramente delineata come del tutto prevalente rispetto alle pur legittime aspettative dei cittadini-cacciatori i cui interessi, benché esercitino un’attività lecita, retrocedono poiché non coincidenti con l’interesse generale che è, appunto, la tutela della natura. Fin qui, come premettevamo, nulla di nuovo. Avanzano però alcune novità del corrente 2024, che, se non altro, ci permettono di effettuare ulteriori riflessioni e chissà mai che possano servire a chi decide. La prima è che il parere del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale, introdotto con le ultime modifiche all’art. 18 della legge 157/92 e che le Regioni hanno dovuto per la prima volta richiedere, si è fino ad oggi dimostrato un inutile appesantimento delle procedure. Siamo fermi, è vero, alla fase cautelare un po' per tutti i ricorsi, per cui dovremo attendere le fasi di merito (che portano a sentenza) per capirne di più: tuttavia, è indubbio come fino a oggi, nella partita delle sospensive, i TAR abbiano dato al parere aggiuntivo del CTFVN all’incirca il valore del famoso “due di picche”. L’unico parere corredato di scientificità, dunque l’unico da tenersi in considerazione, è stato finora ritenuto quello dell’Ispra. La seconda novità deriva anch’essa da una recentissima modifica della legge statale ed è quella norma introdotta sempre all’art. 18, che impone ai TAR, ove abbiano accolto la domanda cautelare, di fissare l’udienza di merito entro 30 giorni dal deposito dell’ordinanza di sospensione. Questa norma impedirà di assistere nuovamente alla farsa accaduta molte volte, per la quale il giudizio di merito arrivava a stagione di caccia terminata e, quindi, risultava del tutto ininfluente perché il calendario venatorio non era più vigente. In una parola: dopo il danno, la beffa. La terza novità, infine, non c’è ancora ed è quindi un auspicio, ovvero che in fase decisoria di merito, che culminerà nelle sentenze, i TAR vorranno essere meno precipitosi della fase cautelare, grazie a un’istruttoria attenta alle memorie depositate dalle amministrazioni che i calendari li adottano, cioè le Regioni, nonché a quelle che verranno formalizzate dalle associazioni venatorie che riterranno di costituirsi ad opponendum accanto alle Regioni. Il nuovo corso, che non è iniziato dai pareri Ispra e del CTFVN, né dalle fasi cautelari, speriamo invece che sbocci nel merito, che poi farà giurisprudenza per gli anni a venire. In bocca al lupo!
(Palumbus)
 

                                       

Regione Lombardia: riapre la caccia da appostamento ad alcune specie

 


(16/09/2024 )

La Giunta di Regione Lombardia ha approvato oggi alcune disposizioni integrative al calendario venatorio regionale 2024-25.
A partire da mercoledì 18 settembre sarà pertanto consentita, esclusivamente nelle forme da appostamento fisso e temporaneo la caccia a: Colombaccio, Cornacchia Grigia, Cornacchia nera, Gazza, Ghiandaia, Merlo, Tordo bottaccio, Tordo sassello e Cesena.
Come da calendario è consentita dal 15 settembre la caccia a Lepre, Minilepre, Coniglio selvatico e Volpe, così come le attività di prelievo degli ungulati e addestramento cani, secondo disposizioni vigenti.  Gli atti impugnati presso il TAR, inoltre, non riguardano gli istituti faunistico-venatori a gestione privata, a eccezione dell’avifauna migratoria non allevata, per la quale la caccia è sospesa.
ANUUMigratoristi Stampa
16/9/24     
                                       

APERTURA DELLA CACCIA IN LOMBARDIA

 


(14/09/2024)


LETTERA APERTA AL MINISTRO ON. FRANCESCO LOLLOBRIGIDA


(08/07/2024)

Quanto sappiamo veramente delle armi? 
a cura dell’avv. Francesco Occhiuto


(23/07/2024)

Mi accingo a scrivere queste righe con la consapevolezza di chi sa molto bene che l’argomento che si affronterà è tutt’altro che scontato e quantomai insidioso, soprattutto sul versante delle mutevoli evoluzioni giurisprudenziali che il legislatore pretende di farci ingoiare senza troppo preoccuparsi dei risvolti pratici e interpretativi che di volta in volta ne seguono.
Noi seguaci di Diana, instancabili appassionati e forieri di buone novelle, quanto sappiamo dunque veramente delle armi? Ecco, questo articolo si propone di fornire sull’argomento una sintesi da annoverare in un quadro legislativo generale, senza presunzione alcuna di esaustiva completezza, ponendo l’accento su alcuni degli aspetti più salienti di una materia ricca di interpretazioni (non di rado fuorvianti) e insidie celate anche dietro provvedimenti normativi ambigui.
Sotto il profilo strettamente tecnico, per arma deve intendersi qualunque strumento atto a offendere, per sua destinazione naturale (armi proprie) o per le modalità di impiego (armi improprie). Le "armi proprie" sono quelle da fuoco (pistola, fucile, etc.), da getto (lancia, arco, etc.), da taglio o da punta (spada, pugnale, etc.), batteriologiche o chimiche (in ragione degli aggressivi in esse contenuti), i congegni esplodenti, dirompenti o incendiari (bombe a mano, bombe incendiarie, etc.). Nella categoria delle "armi improprie", invece, rientrano le mazze, i tubi, le catene, i bulloni, le sfere metalliche,etc.

La definizione giuridica, invece, è quella che si desume dal combinato disposto delle norme del Cod. Pen. (artt. 585 e 704) e del T.U.L.P.S. (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) (art.30), della legislazione vigente in materia e in particolare della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni e integrazioni.
Sotto questo aspetto è possibile operare la seguente distinzione:
ai sensi dell'art. 585 del c.p., agli effetti della Legge penale, per armi si intendono:
  • quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa della persona;
  • tutti gli strumenti atti a offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo;
  • le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti, in quanto espressamente assimilati.
Agli effetti delle contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale (artt. 695-703 c.p.), ai sensi dell'art. 704 del c.p., per armi si intendono:
  • quelle indicate nel n.1 cpv. dell'art. 585 c.p.;
  • le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.
  • Ai sensi dell'art. 30 del T.U.L.P.S. per armi si intendono:
  • le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa della persona;
  • le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti ovvero gas asfissianti o accecanti.
Varie sono poi le classificazioni sui diversi tipi di arma.
Ai sensi dell'art. 1, 1° comma della legge 110/75, "sono da guerra le armi di ogni specie che per la loro spiccata potenzialità d'offesa sono o possono essere destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico, nonché le bombe di qualsiasi tipo o parti di esse, gli aggressivi chimici, i congegni bellici micidiali di qualunque natura, le bottiglie e gli involucri esplosivi o incendiari".
"Sono invece armi tipo guerra quelle che pur non rientrando tra le armi da guerra possono utilizzare lo stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento automatico per l'esecuzione del tiro a raffica o presentano delle caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra" (art. 1, 2° comma, legge 110/75).
Rientrano tra le armi comuni da sparo ai sensi dell'art. 2, 1° comma della legge 110/75:
  • i fucili anche semiautomatici con una o più canne ad anima liscia;
  • i fucili con due canne ad anima rigata, a caricamento successivo con azione manuale;
  • i fucili con due o tre canne miste, ad anima liscia o rigata, a caricamento successivo con azione manuale;
  • i fucili, le carabine e i moschetti a una canna ad anima rigata, anche se predisposti per il funzionamento automatico;
  • i fucili e le carabine che impiegano munizioni a percussione anulare, purché non a funzionamento automatico;
  • le rivoltelle a rotazione;
  • le pistole a funzionamento semiautomatico;
  • le repliche di armi antiche ad avancarica di modelli anteriori al 1890.
Sono altresì armi comuni da sparo i fucili e le carabine che, pur potendosi prestare all'utilizzazione del munizionamento da guerra, presentino specifiche caratteristiche per l'effettivo impiego per uso di caccia o sportivo, abbiano limitato volume di fuoco e siano destinate a utilizzare munizioni di tipo diverso da quelle militari. Sono infine considerate armi comuni da sparo quelle denominate "da bersaglio da sala", o ad emissione di gas, nonché le armi ad aria compressa sia lunghe sia corte e gli strumenti lanciarazzi, salvo che si tratti di armi destinate alla pesca ovvero di armi e strumenti per i quali la Commissione consultiva di cui all'art. 6, comma 1 della legge 110/75 escluda, in relazione alle rispettive caratteristiche, l'attitudine a recare offesa alla persona.
Si considerano armi per uso sportivo (legge 25 marzo 1986, n. 85):
  • quelle riconosciute dal Ministero dell'Interno, su conforme parere della Commissione consultiva centrale delle armi;
  • quelle, sia lunghe sia corte che, per le loro caratteristiche strutturali e meccaniche, si prestano esclusivamente allo specifico impiego nelle attività sportive (art. 2).
A norma dell'art. 4, comma 1 della legge 110/75 sono definite armi comuni non da sparo:
  • le armi bianche: strumenti da punta o da taglio (pugnali, baionette, coltelli, spade);
  • gli strumenti per i quali sussiste un divieto assoluto di porto (mazze ferrate, bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere);
  • bastoni animati.
Un'altra distinzione è quella tra armi antiche, artistiche e rare:
  • antiche (art. 2 lett. b, comma 1 della legge 110/75 ed art. 10, comma 1 della stessa legge) sono quelle ad avancarica e quelle fabbricate prima del 1890;
  • artistiche sono quelle che posseggono un particolare pregio estetico per la loro fattura originale, o che provengono da artefici particolarmente noti;
  • armi rare sono quelle armi classificabili come pezzi unici o reperibili in pochi esemplari (art. 6, d.m. 14 aprile 1982);
  • armi storiche sono quelle legate ad un'epoca determinata, a personaggi o ad eventi di rilevanza storico-culturale (art. 6, d.m. 14 aprile 1982).
Chi possiede un titolo valido, stando agli aggiornamenti normativi del D.Lgs. 104 del 2018 che recepisce in Italia la nuova direttiva europea armi (Dir. 853/2017), può detenere:
  • 3 armi classificate come armi comuni da sparo;
  • 12 armi classificate come sportive;
  • un numero illimitato di armi da Caccia.
Considerando sempre gli aggiornamenti introdotti dal D.Lgs.104 del 2018, per quanto riguarda le armi classificate come sportive, i limiti dei relativi caricatori saranno di 20 colpi per le armi corte, mentre le lunghe fino a un massimo di 10 colpi.
Nel caso in cui si volessero detenere più armi rispetto ai limiti numerici previsti per questo tipo di licenza, sarà necessario ottenere una licenza da collezionista.
Una volta entrati in possesso di armi e munizioni, la legge prevede un massimo di 72 ore entro le quali dovrà esserne fatta denuncia ai competenti Uffici di Pubblica Sicurezza o ai Carabinieri. 
Una licenza di porto di fucile uso caccia consente di detenere, oltre alle armi nelle quantità sopra elencate, anche i relativi munizionamenti e anche polvere da sparo per ricarica. Sarà, però, necessario denunciare il possesso delle munizioni secondo i seguenti termini:
  • quando si possiedono più di 1.000 munizioni spezzate o a pallini o pallettoni;
  • cartucce per pistola o revolver. Il limite massimo è di 200 cartucce;
  • munizioni a palla unica per fucile a canna rigata. Limite massimo 1500 cartucce che dovranno essere tutte denunciate. Le variazioni in termini di diminuzione non dovranno essere denunciate, quelle in aumento sì.
Il limite di 200 e 1500 colpi non si riferisce alle munizioni denunciate, ma a quelle concretamente detenute. Se, ad esempio, un tiratore ha 200 cartucce in denuncia e quelle 200 cartucce sono presenti nel suo armadietto, egli non potrà ricaricarne ad esempio altre 20. Nemmeno se le spara entro le 72 ore. Nel caso di controlli da parte delle Forze dell’Ordine, potrà essere sanzionato.
In tutto questo quadro, non può non essere annoverata una tematica di grande interesse per tutti, vale a dire “l’obbligo di diligenza nella custodia delle armi” come previsto dall’art. 20 della legge 18 Aprile 1975 n.110. Già! Ma ci siamo mai interrogati fino in fondo sul significato vero di questo “obbligo di diligenza” e cosa comporta effettivamente?
Lo scrivente che di mestiere fa l’avvocato ha assistito, non di rado, nell’applicazione della norma suddetta, a interpretazioni forzate, estremiste e veri e propri voli pindarici da parte di chi crede di conoscere alla perfezione tutto e poi, invece, finisce puntualmente con l’essere smentito a suon di provvedimenti e sentenze da parte della Autorità Giudiziaria adita.
Per rispondere alla domanda suddetta, richiamo una eloquente sentenza della Suprema Corte di Cassazione della I Sezione la n.1868 del 21 Gennaio 2000 che ha fatto scuola sul punto: “l’obbligo di diligenza nella custodia delle armi come previsto dall’art. 20 della legge 18 Aprile 1975 n.110, quando non si tratti di soggetti che esercitino professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto, posso esigersi da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell’ “id quod plerumque accidit.”  (Sempre in questo senso, cfr., fra le molte, Cass. Sez. 1, n. 6827 del 13 dicembre 2012, dep. 2013, Arconte, Rv. 254703; Cass. Sez. 1, n. 47299 del 29 novembre 2011, Gennari, Rv. 251407).
Nella specie, in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la decisione con la quale era stata ritenuta la penale responsabilità di un soggetto, il quale aveva tenuto le armi nella propria abitazione, munita soltanto dei normali mezzi di chiusura, in un armadio e in una valigia posta sotto il detto mobile.
In definitiva, occorre essere attenti e scrupolosi nel custodire le armi ma senza farsi ossessionare da comportamenti e condotte che vanno oltre la normale diligenza del bonus pater familias.
Vorrei chiudere, per chi ha avuto la pazienza di leggere fino a qui questo articolo, con una frase di Piero Calamandrei La libertà è condizione ineliminabile della legalità; dove non vi è libertà non può esservi legalità.”
Per informazioni: f.occhiuto@gmail.com
 
 
 
 

LETTERA APERTA ALL'ON. FRANCESCO BRUZZONE


(03/07/2023)

 

I BAMBINI DELL’ASILO, LA COMMISSIONE UE
E LE PROCEDURE D’INFRAZIONE

 


(27/02/2024)

L’organizzazione pre-scolastica per bambini dai 3 ai 6 anni, un tempo definita “scuola materna”, è oggi detta “scuola dell’infanzia”. Nella vulgata quotidiana, però, resiste e ci piace molto il vocabolo “asilo”, limpido e bello, che vogliamo utilizzare in quanto ci sembra il più idoneo a descrivere le reazioni piagnucolose di una buona fetta del mondo ambientalista e protezionista nazionale, rispetto alle vicende della caccia in Italia. L’appiglio ci viene dalla notizia dell’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione UE contro l’Italia, sia per quanto disposto dall’art. 19ter della legge 157/92 sul controllo della fauna selvatica, che per quanto attiene l’arcinota problematica dell’attuazione del regolamento REACH sull’impiego e la detenzione delle munizioni da caccia in piombo nelle zone umide. Su queste vicende, si innesta altresì la procedura EU Pilot relativa ai calendari venatori, ovvero alla presunta violazione di uno degli assunti di base della Direttiva Uccelli secondo cui l’esercizio dell’attività venatoria agli uccelli selvatici è consentito se non confligge con i periodi di fine riproduzione e di avvio della migrazione prenuziale delle specie. Il susseguirsi delle vicende degli ultimi mesi è noto, pertanto inutile ripercorrerlo. Quello che accadrà è difficile da ipotizzare, anche perché nelle stanze e corridoi dell’elefantiaco apparato burocratico di Bruxelles, può veramente succedere tutto. Qui, però, ci interessano i presupposti su cui si fondano questi contenziosi tra la Commissione e i singoli Stati membri, poiché basta il reclamo di una presunta violazione del diritto comunitario che pervenga alla Commissione stessa da parte di un singolo cittadino europeo, per innescare l’effetto cascata. Figurarsi dunque se il reclamo perviene da ben organizzate associazioni di portatori d’interesse. Il coinvolgimento della Commissione è infatti una prassi ampiamente utilizzata dalle associazioni ambientaliste nostrane, alla quale esse ricorrono ogni qualvolta si scoprano o si intuiscano impotenti o poco efficaci nel contrastare scelte legislative o amministrative sulla fauna selvatica che non condividono. Ecco allora che, come bimbi dell’asilo, invocano “mamma Commissione” la quale chiaramente si attiva a norma di regolamenti ma, propugnatrice dell’approccio green senza sconti che ha guidato le scelte europee sino almeno alla recentissima rivolta degli agricoltori, ai nostri occhi rivela una certa prontezza e sensibilità alle segnalazioni e istanze di matrice ambientalista. Evidentemente, c’è chi è più bravo di altri nelle attività di lobbying – peraltro legittime – e dunque nel farsi ascoltare dai padroni del vapore. L’esito attuale è che l’Italia si troverà in un contenzioso comunitario solo perché a fine dicembre 2022 il Parlamento ha finalmente integrato e aggiornato le vetuste disposizioni statali relative al controllo e contenimento della fauna selvatica che vigevano sin dal 1992, rischiando altresì un ulteriore contenzioso per l’eventuale sovrapposizione di una decade tra la chiusura della stagione venatoria e quanto riportato nei KC 2021 per un numero assai limitato di migratori, nonché perché si cacciano specie ritenute in stato di conservazione non favorevole senza relativi piani di gestione nazionali. Su quest’ultimo punto a parer nostro si sfiorerebbe il ridicolo, considerato che l’Italia ha comunque già adottato i Piani di gestione per quattro di queste specie in difficoltà (allodola, tortora selvatica, coturnice e moriglione), mentre non ci risulta che altri Paesi membri, in cui le medesime specie vengono cacciate senza alcun piano, siano oggetto dell’attenzione della Commissione. Sulla durata della stagione di caccia all’avifauna c’è poco da dire, se non, come è chiarissimo a tutti, che la pervicace opposizione delle associazioni protezioniste si placherà (forse) solo quando l’attività venatoria in Italia sarà formalmente ristretta al periodo 1° ottobre – 31 dicembre: un indirizzo che, da alcuni anni, traspare palesemente anche dai pareri Ispra sui calendari venatori regionali. La partita sullo scacchiere UE è quindi aperta e le prossime elezioni europee, che si terranno tra il 6 e il 9 giugno (i giorni 8 e 9 in Italia), saranno uno snodo fondamentale perché dal nuovo Parlamento verrà eletto il nuovo Presidente della Commissione e, a seguire, verranno nominati tutti i Commissari. Certo, non cambieranno gli uffici, ma senza dubbio un rinnovamento a livello politico non potrà che riorientare le scelte complessive, che è quanto auspichiamo per tornare a rapportarci fra adulti perseguendo un “quieto vivere” in Europa, lungi dalla costante denigrazione del proprio Paese, fondato su correttezza istituzionale, ragionevolezza e obiettività tecnica.
Palumbus

APERTURA DELLA CACCIA IN LOMBARDIA

 


(14/09/2024)


I volontari di ANUU Migratoristi e Gens Nova continuano a censire i siti a rischio



(03/12/2024)
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