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IL PASSO

UN PASSO TARDO ESTIVO-AUTUNNALE MODESTO
Tra l’ottimo passaggio del Prispolone, della Balia nera,
del Pettirosso, del Colombaccio, l’enigmatica presenza del Merlo

e la buona presenza del Tordo sassello

(26/11/2025)

Tempo di bilanci per una nuova stagione tardo estiva-autunnale che volge al termine. In questo contesto, come consuetudine, vanno analizzate dapprima le condizioni meteorologiche che l’hanno caratterizzata. Come sempre tirare le somme di un fenomeno migratorio alquanto complicato e variabile per via delle anomalie che lo contraddistinguono non è semplice, ma ricordiamoci che gli uccelli hanno le ali e fanno quello che vogliono e vanno dove vogliono. É il fascino della vita naturale dell’avifauna che va scoperta non rimanendo dietro una scrivania o tra i muri di un istituto ma sul campo sotto il sole o sotto la pioggia, coi piedi fradici dalla brina mattutina o impolverati dalla terra secca arida che reclama pioggia. Venendo alla stagione migratoria in oggetto, risultata modesta ma ancora in attività, in questo mese di novembre mentre scriviamo le presenti note per gli appassionati, piace pensare che il fenomeno non si sia del tutto concluso poiché mancano ancora alcuni protagonisti all’appello. Analizzando i mesi interessati partiamo con un agosto altalenante caratterizzato da giornate fresche e periodi molto caldi. L’ondata di calore protrattasi dall’8 al 17 ha tenuto sotto scacco l’Italia dove il giorno 13 si è avuta la giornata più calda del mese. Dopo una partenza sottotono con temperature sotto la media le correnti calde, residue dell’uragano Erin, hanno innalzato i valori termici cessati solo con la perturbazione sopravvenuta tra il 27 e il 29. L’ultima parte del mese si è contraddistinta per episodi di forte maltempo e il giorno 28 è stato il più piovoso dell’anno sulle regioni settentrionali. Agosto comunque si conferma tra i mesi più caldi sebbene sia stato il più piovoso al nord e il più siccitoso al sud e nelle isole. In questo mese in cui nelle campagne Tortora selvatica e Quaglia risentono di una agricoltura intensiva e della frammentazione del territorio naturale, iniziano le consuete partenze e dopo i Rondoni, che aprono le danze, si aggiungono i vari limicoli come i Piro piro culbianchi e boscherecci, i Pivieri, le Pavoncelle e i Beccaccini. Tra gli anatidi si registrano i primi movimenti delle Alzavole e delle Marzaiole. Dal nord Europa giungono i primi migratori a lungo raggio, tra cui Cutrettole, Beccafichi, Pigliamosche (quest’ultimo osservato scarsamente durante la fase riproduttiva nel nostro paese), Codirossi e i vari acrocefali come Cannaiole e Forapaglie. Tra i passeriformi va segnalata l’ottima presenza già da questo mese del Prispolone presentatosi verso la terza decade, della Balia nera e del Lui grosso a partire dalla prima decade. Il mese ha visto comunque ancora molti giovani nei pressi dei loro nidi e l’ambiente naturale pieno di vita e numerosi soggetti grazie alla compresenza delle specie nidificanti e di quelle migratrici.
Anche settembre si è presentato caldo ma nove perturbazioni transitate sul territorio nazionale hanno determinato accumuli di pioggia più elevati della media. In particolar modo ciò è avvenuto al nord escludendo l’Emilia Romagna, le regioni centrali e la Sardegna, mentre nel resto dell’Italia ha prevalso la carenza di precipitazioni. Precipitazioni che sono transitate in modo molto intenso, una all’inizio del mese in Friuli e Liguria e una in particolare verso la terza decade del mese in Lombardia nord-occidentale che ha visto cadere 200 ml in poche ore tra la Brianza, il comasco ed il varesotto causando allagamenti e ingenti danni. Sul fronte opposto, nelle regioni meridionali si sono registrati valori di pioggia tra i più bassi degli ultimi trenta anni. Durante il mese la situazione ornitologica ha visto il proseguimento della migrazione con il passaggio dei migratori a lungo raggio, tra cui da protagonisti ancora Prispolone, Balia nera e Lui grosso cui hanno fatto compagnia, in modo più discreto e insieme alle altre specie già presenti da agosto, il Culbianco, lo Stiaccino e i vari irundinidi che cominciano a muoversi verso i lidi di svernamento. Nella terza decade del mese tra il 25 e il 28 si sono notati i primi Tordi bottacci. Con loro, i primi Pettirossi mentre i Colombacci hanno iniziato a essere osservati in modo massiccio soprattutto sui valichi degli Appennini con contingenti numerosi in volo ad alte quote. Tra gli acquatici oltre alle Alzavole ecco i primi Mestoloni e Moriglioni mentre il Germano è rimasto la specie più diffusa. Anche i Limicoli hanno fatto registrare la loro buona presenza come avvenuto nel mese precedente. Ai vari Piovanelli si aggiungono le Pittime e le Avocette, tanto per citarne alcune.
Ottobre. Un mese che ha seguito la tendenza meteo di settembre con temperature sopra la media in tutta Europa, dalle anomalie termiche registrate soprattutto nelle regioni artiche e sub artiche. I cambiamenti climatici in corso hanno così evidenziato ancora una volta gli effetti del global change. É logico quindi dedurre che con questa situazione i nostri amici alati del nord siano stati poco invogliati a muoversi verso latitudini inferiori. Ne consegue che alla fine del mese numerosi ritardatari sono stati ancora osservati sul territorio italiano, prolungando così la loro permanenza prima di effettuare la traversata verso i lidi di svernamento in Africa. Ottobre si è aperto con lo strascico della prima furia del Tordo bottaccio avvenuta i primi giorni del mese e che è parsa la coda di quella avvenuta alla fine di settembre e con una seconda furia che, comunque, non ha entusiasmato in fatto di numeri, alquanto modesti. In particolare, la furia è avvenuta tra il 13 e il 15 del mese dove si è assistito a un ottimo passaggio della specie. Poi, verso la terza decade, sono apparsi i primi Tordi sasselli soprattutto tra il 21 e il 25 ottobre, per l’entusiasmo degli appassionati dei grandi turdidi che hanno anche segnalato l’enigmatica presenza del Merlo distribuita a macchia di leopardo poiché in alcune zone del territorio è risultato assente. Ottobre ha visto altresì la buona presenza della Passera scopaiola, del Fringuello accompagnato dalle prime Peppole e dai Lucherini che, comunque, non hanno entusiasmato in fatto di numeri osservati, scarsi rispetto gli scorsi anni. All’aumento delle presenze del Pettirosso unitamente al Luì piccolo, al Colombaccio, alla Pispola e al Fanello si è contrapposta la presenza ridotta del Frosone e dello Spioncello replicando così lo status degli anni scorsi. La regina del bosco, la mitica Beccaccia, non ha eguagliato l’eccellente presenza dello scorso anno ma si è comunque notata dalla montagna alla bassa collina già dall’inizio del mese con contingenti relativamente numerosi. Che dire poi dello Storno e dei Corvidi in generale, sempre presenti in abbondanza? Le Allodole si sono notate nelle campagne, ma senza grossi contingenti. Verso la fine del mese eravamo abituati all’arrivo delle prime Cesene ma quest’anno esse sono comparse solo con sporadici individui in montagna. Negli ambienti acquatici si sono confermate ben presenti le Alzavole, il Germano reale, il Mestolone e il Beccaccino. Infine, una nota va dedicata alla Gru, che ormai da anni vede la sua presenza in modo massiccio in sorvolo sulla nostra penisola verso il sud. In questo mese le notizie preoccupanti giunte dal nord Europa danno la specie in pericolo come per molte altre, a causa dell’influenza aviaria che ha colpito molti individui raccolti in fin di vita sui territori tedeschi. Un problema, quello dell’aviaria, che probabilmente colpisce ancora di più di quanto non si sappia. Speriamo che il tempo e le ricerche degli studiosi, possano dare delle risposte chiare e poco drammatiche. Il mese di ottobre si è concluso con una leggera perturbazione che creava velature in buona parte d’Italia e con sporadiche piogge prima dell’arrivo del mese di novembre, presentatosi con temperature in aumento, preludio alla famosa estate di San Martino. Concludendo queste note è giusto evidenziare ancora una volta che la riduzione di suolo naturale, sempre più consumato in Italia, come si evince dall’ultimo report redatto da ISPRA insieme alla cattiva conservazione di molte zone, sono fattori negativi che impattano sulla presenza della fauna e in particolare di quelle specie ornitiche che utilizzano tali zone come stop-over durante il loro viaggio migratorio per rifocillarsi e ripararsi. Amare il territorio e la natura che vive nel suo contesto significa in primis saperli tutelare, conservare e gestire al meglio creando (o mantenendo) le condizioni naturali per favorire la vita degli esseri viventi. (Walter Sassi)



COLLABORA ALLO STUDIO SULLE ALI DEI TORDI


(09/09/2025)

L’ANUUMigratoristi fonda la sua azione a tutela dell’attività venatoria, della biodiversità e dell’ambiente anche e soprattutto sulla ricerca, raccolta ed elaborazione di dati condivisi che potranno essere di utilità per la scienza. Giunta al 41° anno di attività, la ricerca sulle ali dei Tordi consiste nella raccolta delle ali degli esemplari abbattuti e nella loro successiva analisi, tramite l'osservazione delle macchie apicali sulle copritrici maggiori, per ciò che concerne il Tordo bottaccio, e delle macchie apicali sulle ultime tre remiganti secondarie per ciò che riguarda il Tordo sassello. Attraverso tale osservazione, è possibile stabilire la classe d'età del soggetto (giovane o adulto) e, quindi, determinare il rapporto quantitativo tra il numero di adulti e il numero di giovani (age/ratio). L'interpretazione di questo parametro fornisce una visione attendibile sul successo riproduttivo della stagione precedente a quella della cattura e, pertanto, sullo stato di conservazione delle due specie. Si tratta a tutti gli effetti di un progetto di “citizen science” che ha precorso i tempi, dato che è attivo da molto prima che questo stesso concetto di “scienza cittadina” entrasse a far parte del vocabolario quotidiano. Chi fosse interessato a collaborare, può richiedere le due schede esplicative con i criteri di valutazione direttamente alla Segreteria Centrale ANUU Migratoristi, Via Baschenis 11/c - 24122 Bergamo, tel. 035/243825 - e-mail: anuu@anuu.org   


UNA MIGRAZIONE CHE ANNUNCIA LA BELLA STAGIONE
Sottotono i migratori transahariani e il riscatto del Merlo

(03/06/2025)

Capire come si svolge la migrazione primaverile dei nostri amici alati è sempre un grande impegno e un interesse tra gli appassionati di ornitologia. Cercare la chiave giusta per definire la qualità del risultato non è affatto semplice, complice la non facile determinazione dei movimenti degli uccelli che la compiono sia di giorno che di notte nel periodo che va dalla fine dell’inverno all’inizio dell’estate. I cambiamenti naturali uniti a quelli del territorio per i più svariati motivi, generano sempre rinnovati spostamenti influenzati a loro volta dalle condizioni meteorologiche. È sempre importante considerare queste varianti perché a esse va attribuito il giusto valore per una più corretta determinazione di qualità e quantità delle specie che attraversano la nostra bella penisola. Nell’ultimo secolo, inoltre, le attività dell’uomo hanno contribuito alla causa dell’incremento delle temperature globali che impattano sulla biodiversità e sugli ecosistemi. Le specie hanno così modificato la loro distribuzione oppure hanno modificato i tempi di migrazione e nidificazione. Lo dimostrano alcuni studiosi che hanno scoperto, attraverso l’analisi di migliaia di dati raccolti tra il 1811 e il 2018, che la migrazione primaverile viene anticipata di due o tre giorni ogni decennio soprattutto in quelle specie che vivono più a nord dove le temperature sono aumentate maggiormente. Se analizziamo i dati forniti dalle agenzie meteorologiche relativi al territorio italiano, si scopre che in linea con quanto emerso dai mesi precedenti, anche il mese di febbraio ha visto temperature al di sopra della norma con precipitazioni inferiori alla media e con condizioni di siccità in gran parte dell’Europa esclusa, oltre ad alcune nazioni, l’Italia centrale. Anche marzo conferma la serie di mesi più caldi e più piovosi della norma in Italia a causa dell’abbondanza di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera più calda. Alcune di queste precipitazioni si sono manifestate più intense tra Toscana ed Emilia-Romagna causando frane, piene ed esondazioni. Il settore più piovoso è stato il nord-ovest. Aprile si è chiuso anch’esso con l’anomalia delle temperature soprattutto al centro- nord. Solo la prima decade del mese è rientrata nella norma, poi una tardiva irruzione di aria artica ha riportato per qualche giorno condizioni invernali. Le precipitazioni sono state più abbondanti al nord-ovest, sulle Alpi orientali, in Toscana e Sardegna mentre nel centro sud è stato poco piovoso. In alcuni settori della Val d’Aosta si è assistito a nevicate nei fondivalle che hanno abbassato temporaneamente le temperature mentre a metà mese si sono avute forti precipitazioni in Piemonte, che hanno creato non pochi problemi. Si è arrivati così a maggio con frequenti piogge e temporali che hanno ridotto l’anomalia delle alte temperature in Italia ma, secondo l’agenzia Copernicus, è stato il secondo mese più caldo mai registrato. Alla base del maltempo un’anomala disposizione dell’alta pressione sul nord Atlantico che ha determinato una discesa verso l’Europa occidentale e meridionale di aria fredda con matrice scandinava. Ecco quindi, come sovente avviene, che in questo contesto la migrazione primaverile si è svolta con passaggio più o meno intenso delle specie ornitiche. Tra gli acquatici, si segnala il passaggio come da calendario delle Marzaiole e delle Alzavole e la presenza del Beccaccino unitamente ai vari Piro piro, Combattenti, Piovanelli e Pivieri nelle aree loro congeniali. Purtroppo, è stata ancora osservata una diminuzione di contingenti migranti delle specie transahariane o a lungo raggio. Questo fenomeno, che si ripete ormai da diversi anni, rimane sempre un aspetto negativo che caratterizza la migrazione primaverile. Le specie sono presenti ma i loro numeri lasciano un po’ perplessi. Secondo gli studiosi la causa va ricercata nella distruzione dei siti naturali dove gli uccelli svernano, che pagano dazio al cosiddetto progresso. In particolare, è il caso degli acrocefali in genere, del Balestruccio, dello Stiaccino, del Culbianco, del Torcicollo, del Lui verde e del Lui bianco, tanto per citarne alcuni. In alcune zone assente in particolar modo il Pigliamosche, tanto che dove la sua presenza estiva era abituale, oggi risulta assente come nidificante. Tra le altre specie si segnala il passaggio di un discreto ma non esaltante numero di Averla piccola, di Balia nera, di Prispolone, di Cutrettola e di Lucherino. Durante gli spostamenti, presente ma fugace il Tordo bottaccio, mentre si confermano in buon numero il Colombaccio, il Pettirosso, la Capinera e il Fringuello. E mentre Rondini, Rondoni e Passeri sono in fase riproduttiva nei centri urbani di alcune zone, monitorati attentamente degli appassionati causa la loro riduzione di numero, si osserva piacevolmente il ritorno del Merlo dopo una stagione che lo aveva visto sottotono. Si è entrati così nella fase estiva. Ora tocca ai nostri amici alati, con l’aiuto della meteorologia  e dell’essere umano che preservi gli ambienti naturali, compiere il dovere della riproduzione al fine di regalare, a chi li osserva e li studia, una prossima stagione autunnale ricca di presenze.
(Walter Sassi)


ELOGIO ALLA REGINA DEL BOSCO
IN UN PANORAMA ORNITOLOGICO INVERNALE INSODDISFACENTE
 
Assenti i grandi turdidi mentre si registra l’ottima presenza della Beccaccia
Deludono Lucherini e Peppole

(25/03/2025)

Il programma Copernicus ha decretato il 2024 come anno più caldo a livello globale a causa delle alte temperature medie riscontrate facendogli guadagnare così un nuovo record. Dopo un mese di novembre con temperature leggermente al di sopra della media, dicembre è stato più fresco e nevoso al centro e sud Italia ma questa situazione, insieme alle varie oscillazioni avvenute in varie zone del Belpaese, non ha contribuito a mitigare la media annuale registrata. Nelle stesse condizioni si apre il 2025, con un gennaio che ha ricalcato la tendenza a un riscaldamento globale, fenomeno che sta rendendo l’Italia particolarmente vulnerabile sotto questo aspetto. E così un inverno ancora poco inverno ha condizionato la presenza (anzi, l’assenza) degli uccelli sui nostri territori. Gli amici alati si sono visti ma con contingenti poco numerosi. Addirittura, alcune specie ci hanno snobbato, come la Cesena che ha dimostrato una scarsa presenza sul territorio arrivando ad esser quasi nulla in alcune regioni del centro Italia. I Tordi sasselli sono stati più numerosi nella prima parte dell’inverno lasciandosi poi desiderare per tutta la stagione. Delusione per il Merlo che ha replicato la sua scarsa presenza autunnale. Sembra che le popolazioni abbiano subito un calo numerico tanto che anche i cittadini meno ferrati in materia hanno notato la scarsa presenza tra i giardini e i parchi urbani. Sono poche le specie che hanno testimoniato un buon numero di presenze. Tra queste, in particolar modo, la Beccaccia vista dalle Alpi agli Appennini in ottime quantità e distribuzione territoriale, tanto che secondo i rilevatori era più di quarant’anni che non se ne vedevano così tante. A lei si aggiunge la costante presenza del Fringuello, dello Storno, del Pettirosso e del Colombaccio, che da diversi anni continuano a presentarsi numerosi. Quest’inverno però hanno deluso i Lucherini e le Peppole, queste ultime presenti in modo massiccio nell’inverno 23/24. Tra i fringillidi qualche Frosone in più si è fatto osservare confermando la sua presenza, dopo diversi anni di scarsità, notata in autunno. In campagne coltivate buona la presenza dell’Allodola e del Fanello ma scarsa quella della Pispola con contingenti poco numerosi. Pochi, come sono da alcuni anni, anche gli Spioncelli. Parlando degli acquatici, sono state registrate sempre in buon numero le anatre di superficie come i Germani reali e le Alzavole associati ai tuffatori Moriglioni, mentre sono stati osservati in ottimo numero le Folaghe, le
Gallinelle d’acqua, le Avocette, i Piovanelli pancianera e le Oche in generale. Degno di attenzione è l’aumento di Ibis sacro che da diverso tempo frequenta i territori a lui congeniali destando, in qualità di specie aliena, qualche preoccupazione circa la sua continua espansione territoriale e il suo impatto con l’avifauna autoctona. Interessanti anche le presenze del Beccaccino, per quanto localizzate nei territori adatti come le aree umide, le stoppie di riso o le classiche marcite che però, da tempo ormai, sono in drastica diminuzione a causa dell’agricoltura intensiva che non ne avverte più la necessità, nonché per un consumo di suolo agricolo troppo elevato e senza rispetto del mondo naturale. Quest’ultima situazione infatti sta causando la perdita d’habitat per molte specie animali con la conseguente rarefazione delle specie che una volta in certi luoghi, ora ridotti o scomparsi, erano abbondanti. Inoltre, a questa causa si aggiunge l’innalzamento della salinità delle zone lacustri e l’influenza aviaria ad alta patogenicità che ha già causato la perdita di molti soggetti tra gli uccelli acquatici selvatici. Fenomeni, questi, che inducono ogni fruitore della natura a tener conto di qualsiasi cambiamento che si riscontri nel proprio territorio sperando che eventuali segnalazioni di degrado o peggioramento possano indurre gli organismi preposti a intervenire almeno per mitigare la situazione. Si arriva così a febbraio, mese che annuncia i primi movimenti erratici di preparazione alla migrazione primaverile e il prossimo ritorno ai lidi di nidificazione. Durante la stesura di queste note, il meteo sta subendo l’arrivo di perturbazioni con pioggia, neve e temperature più basse incoraggiando le specie alate a raggrupparsi dove c’è ancora cibo. Avvengono cosi le prime segnalazioni di gruppi di grandi turdidi e fringillidi che si mischiano e si rincorrono manifestando una certa frenesia tipica delle specie migratrici. E mentre in cielo compaiono le prime Gru che si dirigono verso nord, si aspettano i prossimi mesi con l’ansia e con la speranza di vedere cieli più trafficati e aree naturali più frequentate con voli e canti che annunciano l’arrivo della bella stagione. (Walter Sassi)
 


IL RECORD DEL FRULLINO
(24/03/2025)

 Parente stretto del Beccaccino, del Croccolone e della Beccaccia, il Frullino (Lymnocriptes minimus) è uno scolopacide di piccole dimensioni con un volo rapido capace di percorrere lunghe distanze in poco tempo. Ne è il classico esempio l’individuo marcato con un Gps da alcuni ricercatori inglesi nel South Staffordshire dove è attiva da tempo un’associazione ornitologica che opera per la sua salvaguardia e studia i suoi spostamenti migratori. Il Frullino è un piccolo uccello lungo circa 20 cm. che frequenta i terreni paludosi e gli acquitrini. Lo stupore degli studiosi è scoppiato quando, seguendo l’esemplare da remoto, hanno tracciato il suo incredibile percorso lungo più di mille chilometri. In primavera dopo aver lasciato l’Inghilterra, il Frullino ha superato il Mare del Nord per poi sorvolare la Germania arrivando in Polonia. Ma la cosa più sorprendente è stata la durata del tragitto, coperto in soli tre giorni. Inoltre, il suo viaggio non è finito in Polonia poiché, dopo essersi riposato, è ripartito verso est dirigendosi in Lettonia. Da questo punto la batteria del Gps si è scaricata smettendo di rilevare la posizione geografica. L’idea è che sia arrivato fino alle steppe della Russia per riprodursi d’estate. Un viaggio da record che non può altro che lasciare sbalorditi coloro che studiano il fenomeno della migrazione. (W.S.)

LE CINCE, PASSERIFORMI INSAZIABILI
(24/03/2025)

La denominazione cincia è una derivazione onomatopeica del termine "ciancia" o "ciarla" ossia che chiacchera. Questa denominazione è stata attribuita a quei piccoli passeriformi che durante i loro spostamenti continuano a tenersi in contatto coi loro richiami. Ne sono di esempio appunto le Cince, famiglia Paridae, che, mentre cercano nutrimento tra le fronde degli alberi muovendosi in gruppo, continuano a tenersi in contatto con un cinguettio insistente. Sembra che tale richiamo serva per comunicare ai membri del gruppo il ritrovamento di una preda oppure possa essere una sollecitazione alla ricerca di prede in quel determinato luogo ricco di nutrimento. Le cince sono uccelli insettivori e hanno, al pari delle altre specie del loro genere, bisogno di mangiare in continuazione in quanto la loro dieta non consente un’abbuffata semplice perché l'inseguimento e la cattura della preda è assai più difficoltosa e meno proficua che il nutrirsi di semi e frutti dalle piante, come fanno le specie granivore. Ne consegue che per sfamarsi a dovere la vita frenetica delle cince è impegnata all’80% nella ricerca del cibo. Specie abbastanza confidenti, si lasciano avvicinare facilmente tanto che non è difficile scorgerle mentre, alla ricerca di cibo, si lasciano dondolare a testa in giù, oppure fanno mille acrobazie, emettendo il loro caratteristico richiamo. Molte di queste emissioni intermittenti sono accompagnate da leggeri movimenti di ali o tremolii della coda. Un comportamento simile lo svolgono i giovani quando richiedono l'imbeccata ai genitori. Alcuni ornitologi pensano che questa intermittente vocalizzazione degli adulti sia un residuo stilizzato del richiamo infantile e che quindi conservi il significato di "plauso alimentare". Vi è poi da sottolineare che alcuni studiosi hanno scoperto che la Cincia mora (Parus ater) dal peso di circa tredici grammi, per mantenersi attiva deve nutrirsi almeno di trecento coccinelle oppure, alla pari, di un notevole numero di uova o larve di insetti più piccoli. Non c'è che dire: stando a questi dati, le cince sono un'ottima lotta biologica alla proliferazione degli insetti che minacciano l'equilibrio ambientale. Per questo in alcune colture agricole sono stati installati nidi artificiali atti ad incrementare le popolazioni di questi graziosi uccelletti. Non solo, ma si è potuto verificare che durante le massicce infestazioni di insetti tipo Limantridae in un determinato territorio il numero di esemplari di questa famiglia si moltiplica sino a otto volte rispetto al numero di esemplari presenti nei territori esenti da questo fenomeno. Ne è esempio un episodio accaduto novant'anni fa quando in alcune foreste dell'Ucraina ci fu un'invasione di Porthesia similis e le Cinciallegre (Parus major) che giunsero nella zona distrussero il 74% dei nidi di bruchi di questo insetto. (W.S.)

UNA MIGRAZIONE AUTUNNALE AVARA:
2024, UN AUTUNNO “STORTO”

(12/11/2024)

C’eravamo lasciati in giugno con le note sul passo primaverile deludente, caratterizzato da un meteo poco clemente e con la speranza di una ripresa del passo nella stagione estivo-autunnale ma, se dobbiamo dirla tutta, ci sarebbe da commentare di più sulle vicende causate dal maltempo che sul passaggio dei nostri amici alati nei nostri territori. É doveroso sottolineare che parlare della migrazione è sempre complicato poiché il suo svolgimento è vario a seconda del territorio e delle relative abitudini che gli amici alati possiedono causando così diverse impressioni. Cercare un punto d’incontro su ciò che succede diventa quindi impegnativo. Sebbene tutte le specie siano state presenti, vi è da sottolineare la loro scarsa presenza numerica che è stata più o meno marcata e sottolineando come la stagione appena trascorsa sia stata avara. Mentre il mese di agosto è stato uno dei più caldi dal 1800 ad oggi con fenomeni temporaleschi molto intensi, la migrazione è iniziata con la partenza dei Rondoni e dei Balestrucci dai quartieri di nidificazione urbani confermando però anche in questo anno, come già da tempo si nota, una loro importante diminuzione. Tra le specie transahariane si è notata una buona presenza della Balia nera che già nella prima decade di agosto ha fatto la sua comparsa unitamente a Prispolone e Stiaccino anch’essi in buon numero. Scarsi i Culbianchi, i Luì grossi e i Luì verdi nonché i Beccafichi. Nulla da segnalare per quanto riguarda la Quaglia e la Tortora selvatica che, secondo i rilevatori, hanno mantenuto nei territori a loro congeniali una discreta presenza. Sempre ad agosto, come da calendario, si sono notati i primi movimenti dei limicoli come i vari Piro piro, Piovanelli, Beccaccini e anatidi. Settembre è apparso in controtendenza rispetto a quelli trascorsi e, a causa delle correnti d’aria fresca provenienti dal Nord Europa, si manifesta con temperature miti e con frequenti piogge che innescano eventi alluvionali come successo in Emilia-Romagna. Il mese si apre così al Nord con la speranza di osservare i primi Tordi bottacci che appaiono in modo scarso dalla seconda decade del mese senza però soddisfare gli appassionati dei grandi turdidi. Infatti, unitamente al Merlo, il Tordo bottaccio si farà desiderare per tutto il periodo della migrazione regalando, si fa per dire, solo una o due giornate che saranno considerate probabilmente le cosiddette prime “furie”. In questo mese alle specie transahariane già citate, che continuano a manifestare una buona presenza, si aggiunge l’ottima presenza del Colombaccio, dello Storno, del Pettirosso e quella, sebbene non eclatante, del Pigliamosche e del Codirosso. Nulla da segnalare per quanto riguarda i Fringillidi che però, con ottobre, fanno la loro ottima comparsa con il Fringuello accompagnato dal Frosone, quest’ultimo tornato presente in piccoli gruppetti in diverse zone dopo anni di assenza. Unitamente poi, come siamo abituati a vedere, si aggregano Fanello, Lucherino e Peppola. Ottobre è stato caratterizzato da molte e intense piogge, definendo l’autunno di quest’anno come uno dei più piovosi degli ultimi decenni. In molte regioni italiane come la Liguria, la Toscana, il Lazio, la Campania, le Marche e ancora l’Emilia-Romagna, per i fortissimi temporali e i nubifragi, si sono registrati altri eventi alluvionali. Occorre comunque dire che sul versante orientale e adriatico è andata decisamente meglio rispetto al versante occidentale tirrenico della Penisola, grazie a condizioni meteo più favorevoli alla migrazione ottobrina. Tornando all’analisi del passo nelle campagne, dalla prima decade di ottobre compaiono in buon numero Pispole e Allodole mentre, ancora una volta, lo Spioncello si osserva in modo irregolare e localizzato. Anche per il Fanello i numeri sono un po’ sottotono. Come già detto prima, il Merlo e il Tordo bottaccio non danno ancora soddisfazioni e sebbene localizzati sono osservati in numero ridotto rispetto agli scorsi anni. Alcuni rilevatori segnalano persino una notevole scarsità di numero delle specie nel loro territorio. A parte la “furia”, se così possiamo definirla e sempre sotto la media, della seconda decade del mese, questa situazione non cambierà nel corso della stagione e solo l’arrivo dei primi Tordi sasselli nell’ultima decade del mese placherà un pochino le delusioni degli appassionati di questi grandi turdidi. Il mese segna l’arrivo a quote più basse della Passera scopaiola, del Luì piccolo e ancora l’ottima presenza del Colombaccio, dello Storno e del Pettirosso. In montagna e collina vengono osservate diverse Beccacce (le prime al piano sono avvistate nel corso della terza decade del mese), mentre nelle valli non ci sono elementi di rilievo per quanto riguarda le specie acquatiche. E mentre il periodo principale della migrazione autunnale volge al termine, osservando i cieli che vedono le Gru transitare verso lidi più caldi, la speranza si aggrappa all’osservazione di quelle specie che dovrebbero presentarsi a novembre per poi trascorrere l’inverno a quote un po' più basse. Ci riferiamo alle segnalazioni delle mitiche Cesene dalla media collina alla pianura. Staremo a vedere l’evoluzione dei movimenti migratori la cui conoscenza è molto rilevante per la comprensione dell’eco-biologia degli uccelli poiché possono dare risposte alle esigenze di carattere applicativo e gestionale. Attraverso la conoscenza dei tempi e delle rotte di spostamento si possono definire programmi di tutela gestendoli in modo più adatto ai siti e nei periodi più appropriati. Molte informazioni oggi disponibili sulla migrazione degli uccelli hanno avuto nell’osservazione sul campo uno strumento efficace. (W. Sassi)

LE ROTTE MIGRATORIE CAMBIANO

(11/11/2024)

Le modificazioni ambientali, registrate negli ultimi anni, hanno condizionato la vita sulla Terra. Spesso si è sentito parlare di effetto serra dovuto all’aumento di anidride carbonica nell’aria, gas prodotto dalle attività umane, della desertificazione che causa l’impoverimento della copertura vegetale delle aree equatoriali con distruzione dei suoli che, non più fertili, non possono dar luogo a ecosistemi, del sovrappopolamento e di antropizzazione, con conseguente deprivazione degli ambienti naturali a favore delle costruzioni umane. Il legame che esiste tra questi fenomeni e l’avifauna ha influito sulle abitudini plurimillenarie degli uccelli migratori. A tal proposito le ultime tendenze dimostrano come diverse specie di uccelli siano costrette a cambiare la direzione di migrazione per diverse cause: non trovano più area di sosta, gli areali di nidificazione o di svernamento non offrono più condizioni ambientali favorevoli per la loro sopravvivenza, i cambiamenti ambientali rendono ospitali aree che prima erano meno miti, ma che ora, più calde, possono essere occupate. L’agricoltura intensiva si sostituisce agli ambienti naturali e le poche stalle sopravvissute non sono sufficienti per la costruzione di nidi, vedi il caso delle rondini. Per monitorare questi cambiamenti ambientali, conserva importanza l’attività d’inanellamento che, grazie alle ricatture di uccelli precedentemente inanellati, offre l’opportunità di studiare gli areali di provenienza, individuare le aree di sosta durante il volo migratorio e censire quali siano i luoghi di svernamento delle specie ornitiche. In questo modo è possibile registrare quali siano i cambiamenti nelle direzioni di migrazione e ricercarne le cause. Buone notizie riguardano il ritorno della cicogna bianca, del nibbio bruno e del falco pellegrino ma altre contrastanti sottolineano come molte altre specie siano in declino. L’aumento globale della temperatura induce diverse specie ad anticipare il periodo di riproduzione o a non intraprendere il viaggio di ritorno. Infatti, se è vero che l’istinto migratorio è determinato genericamente, è necessario rammentare che anche l’esperienza e l’adattamento agiscono favorendo la modificazione del comportamento. I cambiamenti ambientali dovuti all’interazione con l’uomo sono, però, spesso repentini e gli uccelli non riescono ad adattarsi correndo rischi di rarefazione: investire nel recupero ambientale e nell’agricoltura estensiva sarebbe certamente di aiuto agli uccelli. (W.S.)  
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