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Il Passo

ULTIMA ORA


LA MONACHELLA DEL DESERTO
DALLE SABBIE AFRICANE E ASIATICHE ALLE PRATERIE DELL’EUROPA OCCIDENTALE

(13/01/2023)

 Una delle soddisfazioni del birdwatching svolto in autunno è scoprire specie di uccelli rari in luoghi inaspettati, come avviene in questi ultimi anni con la Monachella del deserto (Oenanthe deserti), un turdide di 15 cm e dal peso di 26-30 gr. Pur essendo accidentale nel nostro continente e proveniente dalle calde aree desertiche del Nord Africa, del Medio Oriente e dell'Asia centrale, negli ultimi anni il numero di dati registrati di Monachella del deserto in Europa è piuttosto importante, con, ad esempio, 97 osservazioni in Gran Bretagna e più di 40 in Francia. Ma questa specie è stata trovata anche in Norvegia, in Finlandia, in Estonia nonché nella nostra penisola con più di 45 osservazioni registrate sino alla fine del 2022. Sul territorio europeo, la maggior parte delle osservazioni viene effettuata tra settembre e dicembre, principalmente tra ottobre e dicembre e gli uccelli sono spesso avvistati in aree sabbiose o sassose che ricordano (vagamente) il loro habitat originario. Come si spiega l'arrivo in Europa delle Monachelle del deserto? É sempre sorprendente che passeriformi tipici dei deserti del Nord Africa o dell'Asia Centrale possano arrivare sulle spiagge dell'Europa settentrionale e occidentale, ma a volte si scoprono altre specie originarie delle stesse regioni aride in Europa. Solitamente sono uccelli nati nell’anno, più propensi degli adulti a raggiungere aree molto lontane dal normale areale della specie. Questi arrivi in Europa potrebbero essere causati del fenomeno della dispersione giovanile o dal fenomeno delle migrazioni inverse (disfunzione della bussola interna) e dalle migrazioni speculari (simmetriche rispetto alla rotta normale). Va anche sottolineato che l’arrivo di tutte le specie considerate rare potrebbero essere causati dalla meteorologia che influenza il viaggio dei migratori durante il loro spostamento. La Monachella del deserto si sta espandendo nell'Africa nord-occidentale dopo diversi anni di siccità, il che, secondo osservazioni e studi sui suoi movimenti, potrebbe aumentare la probabilità di arrivi soprattutto nell'Europa meridionale. (Walter Sassi)

IL CANTO DEGLI UCCELLI

(11/01/2023)

Come la forma e la colorazione del piumaggio, anche il canto degli uccelli è ovviamente il risultato della selezione naturale. Perciò per ogni specie la durata, il timbro, il ritmo, il tono della voce si sono adattati alla condizione dell’ambiente. Tra gli uccelli, un vero e proprio canto esiste solo tra i passeriformi, noti infatti anche con la denominazione di uccelli canori. Sono uccelli generalmente di piccole dimensioni, che basano la loro sopravvivenza sulla capacità di passare inosservati. Poiché i predatori per cacciare usano vista e udito, ci sono due modi per passare inosservati: stare zitti o avere colori mimetici. Le femmine, sulle quali grava il peso maggiore della perpetuazione della specie e che durante la cova devono rimanere per giorni ferme nello stesso posto, hanno quasi sempre colori mimetici e non sono in grado di emettere un canto vero e proprio. I maschi di alcune specie, al contrario, sono dotati di canto molto complesso e sonoro ma hanno una colorazione del piumaggio molto mimetica, come l’Usignolo (Luscinia megarhynchos), il Tordo bottaccio (Turdus philomelos) e lo Scricciolo (Troglodytes troglodytes). In altre specie ancora, i maschi hanno una colorazione vivace ma un canto molto più sommesso e meno vario. In particolare, per le specie che vivono nel fitto della vegetazione, il canto serve anche per comunicare alle femmine la propria presenza e spesso quelle più mimetiche, che vivono in boschi e canneti, cantano anche la notte. Gli uccelli che si cibano in luoghi riparati emettono versi di richiamo o veri e propri canti anche quando sono alla ricerca del cibo, mentre quelli che si alimentano sul terreno in luoghi aperti, stanno silenziosi per non attirare i predatori. Anche la frequenza del canto è importante. Infatti le note a bassa frequenza si trasmettono a grande distanza, pure negli ambienti chiusi come i boschi e i canneti. É per questo motivo che, ad esempio, i Tarabusi (Botaurus stellaris) hanno una voce potente che risuona nella notte fino a grande distanza e che i rapaci notturni che vivono nei boschi hanno voci più profonde (a frequenza inferiore) delle specie che vivono in ambienti aperti. (Walter Sassi)

ADATTAMENTO AL RUMORE NEL PETTIROSSO

(15/12/2022)

Per adattarsi al rumore, il Pettirosso (Erithacus rubecula) deve "guadagnare altezza". L’inquinamento acustico presente nella vita quotidiana disturba gli uccelli e la loro comunicazione. Il famigliare Pettirosso è un passeriforme molto territoriale la cui canzone melodiosa e malinconica risuona nei nostri parchi e giardini anche nella brutta stagione. Infatti, in autunno e in inverno, i due sessi cantano e si richiamano difendendo un dominio esclusivo. In un articolo pubblicato sulla rivista Transportation Research, un biologo ha mostrato che nelle aree rumorose (ad esempio quelle vicine a una strada trafficata), i Pettirossi scelgono posatoi alti per poter cantare da una certa altezza con lo scopo di farsi sentire dai loro rivali. L’assenza di posatoi sufficientemente alti potrebbe quindi ostacolarli seriamente. Anche sulla rivista Animal Behaviour, gli ornitologi avevano osservato che quando il rumore ambientale diventa importante, il canto del Pettirosso diventa più semplice, più lungo ed emesso con una frequenza più alta. Inoltre, altri studi hanno poi dimostrato che questo passeriforme tende ad allontanarsi dalle zone rumorose e a cantare piuttosto nelle ore notturne. (Walter Sassi)

LO STORNO,
PARADOSSO DELLA CACCIA ITALIANA

(04/11/2022)

Lo Storno Sturnus vulgaris è conosciutissimo rappresentante dell’Ordine Passeriformi, Famiglia Sturnidi. Volatile di dimensioni medio-piccole, caratterizzato da becco lungo e affilato e timoniere corte, dalla livrea scura con riflessi metallici, lo Storno colonizza un vasto ventaglio di habitat europei, dalle aperte campagne ai centri urbani, nei quali anzi si riunisce volentieri in colonie numerosissime soprattutto in periodo autunno-invernale. Rifugge soltanto gli ambienti alto montani, dai quali al limite transitano i contingenti di passo autunnale, ma senza fermarsi. È invece uno spettacolo consueto per gli abitanti di molte nostre città, osservare stormi a volte giganteschi, composti da migliaia di soggetti, che compiono evoluzioni sincrone nei cieli accesi dalle luci del tramonto, così preparandosi a calare sui dormitori notturni (piazze e viali alberati, piazzali di stazioni ferroviarie, parchi e giardini). Si è perso il conto di quante volte il piazzale della Stazione Termini a Roma, salì alla ribalta delle cronache per l’abbondantissimo numero di storni che, pernottando sui lecci colà presenti, rendevano l’asfalto una trappola scivolosa e pericolosa per il tanto guano sparso: problema risolto dal Comune sostituendo la maggioranza degli alberi con altri più piccoli, che al momento non attirano più gli uccelli per le ridotte dimensioni. Nelle città, gli storni amano anche affollarsi e alimentarsi sulle alberature urbane più tipiche, quelle a bagolaro Celtis australis, le cui bacche di colore nerastro e dal sapore acidulo sono ampiamente ricercate da molte specie di avifauna. Tuttavia, lo Storno è presente nel nostro paese anche durante il periodo riproduttivo, dunque come nidificante, costruendo i nidi e allevando la prole – da quattro a otto uova per covata e generalmente due covate l’anno – molto spesso negli anfratti dei muri, nei monumenti antichi o sotto le tegole dei tetti. Si può affermare, similmente a quanto avviene per molte altre specie di uccelli più o meno comuni, che lo Storno è presente con popolazioni miste, da quelle sedentarie a quelle migratrici, passando attraverso quelle parzialmente migratrici ossia che compiono movimenti migratori di raggio limitato, quasi sempre sollecitate dalle avverse condizioni climatiche e relativa scarsità di risorse trofiche. La letteratura scientifica attesta che le popolazioni nidificanti nel Sud dell’Europa, ivi compresa l’Italia, sono in aumento, mentre la tendenza opposta riguarderebbe i contingenti nidificanti nel centro-nord europeo, dando alla fine un bilancio complessivo non particolarmente favorevole alla specie, nonostante questo appaia contraddittorio per un osservatore medio, che si soffermi solo sulla situazione demografica della specie qui da noi. Lo spiccato istinto gregario dello Storno è pure quella caratteristica che lo rende potenzialmente una calamità per l’agricoltura, in particolare per i frutteti, i vigneti e gli oliveti, ossia le colture specializzate di maggior pregio commerciale. Questa specie infatti predilige l’uva, le olive e la frutta di stagione, mentre in primavera-estate, dato il suo regime onnivoro, si dedica maggiormente agli insetti, ai lombrichi e altri piccoli invertebrati, che cattura nei prati stabili e nei terreni erbacei incolti, meglio se dopo uno sfalcio recente, necessaria fonte di proteine per lo svezzamento delle covate. Altri alimenti appetiti dallo Storno sono le bacche e i frutti spontanei, come il bagolaro, l’edera, la fitolacca americana, l’uva canadese tanto per citarne alcuni, ma pastura pure nelle stoppie trinciate di mais, sui prati e pascoli e sui terreni recentemente arati. Uno spettro alimentare così vasto e la sua elevata plasticità ambientale, sono senz’altro punti di forza di questo volatile, che ne favoriscono la diffusione e hanno portato a classificarlo tra le specie oggi definite “opportuniste” o “invasive” per le quali possono essere approntati piani di controllo numerico anche al di fuori della stagione venatoria. Il discorso della caccia, con lo Storno è invece complesso. Cacciabile in Italia fino al 1997, quando venne escluso dall’elenco di cui all’art. 18 della legge 157/92 con DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) insieme ad alcune altre specie, lo Storno da allora è stato per lunghi anni al centro dell’altalenante vicenda del prelievo in deroga di cui alla Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”, sul quale ora non ci soffermiamo data l’aggrovigliata situazione normativa e la complessa giurisprudenza che si è consolidata, sia in sede di giustizia amministrativa, che di Corte costituzionale e della stessa Corte di Giustizia europea. Resta purtroppo sentito e presente il problema dei danni alle produzioni agricole, la cui riduzione sarebbe certo facilitata dal poter cacciare normalmente lo Storno, senza dover ricorrere a provvedimenti diversi, sempre esposti a ricorsi e che, con le loro mille prescrizioni, non invogliano i cacciatori a rendersi attivi nel controllo della specie. Lo Storno, fin quando fu cacciabile, diede luogo a forme venatorie tradizionali, specifiche e anche molto elaborate: ad esempio, recitò e reciterebbe tutt’oggi il ruolo di protagonista nella pratica della caccia cosiddetta “al prato”. Essendo una specie amante dei luoghi aperti, abituata a vivere in grandi gruppi, sempre vigile rispetto a quanto accade nei dintorni grazie anche alle “sentinelle” che si sistemano su posatoi elevati, si capisce come la caccia più redditizia sia quella da capanno, fisso o temporaneo, avvalendosi di richiami vivi (quando erano consentiti). Molto utili ulteriori ausili – sempre, ovviamente, quando si potevano utilizzare – come le giostre recanti appesi alle estremità degli storni impagliati ad ali aperte o stampi in plastica nella medesima postura, oltre che i medesimi stampi disposti opportunamente a terra in quantità generosa. Il capanno deve essere naturalmente dissimulato con perizia, proprio perché, trovandosi in terreno libero da vegetazione, risulterebbe molto disturbante se si ergesse all’improvviso allo scoperto: l’ideale sarebbe accostarlo a siepi o cespugli, oppure dissimularlo all’interno di fossi o avvallamenti del terreno. Un altro accorgimento suggerito dall’esperienza, che aiuta a convincere gli storni a calare sul gioco allestito con cura, è quello di posizionare opportunamente accanto agli stampi della specie anche altri stampi di uccelli legati alle zone aperte, quali la Cornacchia grigia e la Pavoncella, che abitualmente si alimentano negli stessi siti insieme allo Storno e viceversa. Negli appostamenti fissi ai Turdidi, grande efficacia assume il posizionamento artificiale di “secchi” sulle principali piante di buttata, che lo Storno sceglie per posarsi una volta attirato dai richiami. Questi ultimi rivestivano (e rivestirebbero) un ruolo importante, anzi vitale: tanto che non vi era capanno agli storni che non si avvalesse delle cosiddette “corridore”, tubi di rete lunghi e stretti posizionati al suolo, dentro i quali numerosi esemplari da richiamo erano lasciati liberi di muoversi correndo e svolazzando avanti e indietro, con grande effetto attirante sui selvatici. Altrettanto efficaci i gabbioni, di dimensioni generose, contenenti anch’essi molti esemplari da richiamo, liberi di muoversi e, soprattutto, di farsi sentire con forte e attirante cicaleccio. La caccia vagante, per contro, non darebbe che scarsissime possibilità di successo al cacciatore, a meno che le condizioni di visibilità siano tali – come avviene con la nebbia – da permettere un avvicinamento sino ad arrivare a tiro degli uccelli posati al suolo o sugli alberi. Semmai, individuate le pasture frequentate da questi diffidenti uccelli, per riuscire a ottenere qualche risultato è possibile allestire un capanno temporaneo o anche soltanto nascondersi tra la vegetazione naturale, in attesa che si presenti l’occasione di sparare e in queste condizioni, insieme allo Storno, si potranno incarnierare pure Merli o Tordi. In definitiva, trattare dello Storno come specie d’interesse venatorio non è semplice, visto il continuo intersecarsi dei piani di ragionamento tra ciò che appartiene al passato e ciò che appartiene all’oggi, tra quanto si faceva e quanto in futuro non dispiacerebbe di fare nuovamente. Anche nel caso in cui la specie sia concessa in deroga, i limiti di carniere devono essere rigorosamente rispettati in virtù della particolarità di tale regime di prelievo, benché questo apparentemente strida con la necessità di porre un freno alle popolazioni, il che esigerebbe di poterne abbattere numeri illimitati. Vedremo se, grazie al ritorno di un minimo di ragionevolezza, questo paradosso della caccia italiana potrà essere, prima o dopo, finalmente sanato. (Palumbus)

RACCOLTA ALI DEI TORDI
CONCLUSA LA TRENTOTTESIMA STAGIONE



(04/11/2022)

Con l’analisi delle “Ali dei Tordi” giunta al trentottesimo anno ci avviciniamo al traguardo della quarantesima edizione confermando ancora una volta come tale indagine nazionale promossa dall’ANUU nel lontano 1984 su iniziativa del Dott. Giuseppe Micali sia una delle ricerche ornitologiche venatorie più datate. Da allora, grazie al contributo di appassionati volontari, attraverso l’attività venatoria sono stati raccolti centinaia di migliaia di dati al fine di tenere sotto controllo l’andamento fenologico delle specie oggetto di prelievo per una deduzione annuale più dettagliata della salute delle popolazioni ornitiche. Mantenerli senza approfittarne è sempre stato lo scopo avanzato dall’ANUU e dai suoi associati che hanno a cuore la caccia tradizionale al capanno. Ottenere una migliore conoscenza delle dinamiche di popolazione del Tordo bottaccio Turdus philomelos e del Tordo sassello Turdus iliacus porta ad un conseguente utilizzo sostenibile per poter preservare il buono stato di conservazione delle specie. I dati così raccolti, attraverso l’abituale scheda di rilevamento, sono la fonte per avere una prima conoscenza degli spostamenti migratori con le loro eventuali differenze temporali tra le classi di età su cui tracciare considerazioni per una migliore analisi gestionale dei turdidi. Va ribadito inoltre che per metodologie di rilevamento la presente ricerca può essere paragonata solo a quella dell’inanellamento scientifico a cui si potrebbe fare riferimento in termini di determinazione morfologica dei soggetti analizzati. Molto si è raccolto e molto si dovrà continuare a raccogliere per tenere sotto controllo la fenologia dei due grandi turdidi. Anche nell’ultima stagione di rilevamento 2021-22 si sono raccolti molti dati. In particolare per il Tordo bottaccio sono state analizzate ben 2.115 ali di cui 1.381 appartenenti a giovani, 669 ad adulti e 65 sono stati gli individui indeterminati. Per il Tordo sassello sono state raccolte 580 ali appartenenti a 342 giovani, 222 adulti e 16 indeterminati. Questi dati sono stati resi disponibili dai collaboratori Feriti R., Galassi N., Ghilardi D., Ghilardi G., Ghilardi M., Marchiorri M., Piffari C.L., Mori S., Randi R., Rigoni L., Rossato A., Rossato D., Scaglia S., Stecco S., Zanetti E. ai quali va il ringraziamento per la costante opera di raccolta e partecipazione. Walter Sassi

L’ANALISI DELLE ALI DEI TORDI
Anche quest’anno l’ANUUMigratoristi svolgerà l’indagine sulle ali dei tordi. Chi ha già collaborato in passato riceverà al suo domicilio le schede relative al Tordo bottaccio (Turdus philomelos) e al Tordo sassello (Turdus iliacus). Chi intende aderire per la prima volta può richiedere direttamente le schede alla Segreteria nazionale ANUU (Via E. Baschenis, 11/C – 24122 Bergamo – Tel. 035/243825 – anuu@anuu.org). Nelle schede vi sono tutte le istruzioni relative alle penne alari da controllare sui capi del carniere per stabilire se si tratti di un esemplare giovane o adulto, o di un individuo a caratteri intermedi. Questa indagine è importantissima perché ci permette di stabilire, anno dopo anno, il trend delle due specie. Invitiamo tutti i cacciatori ad aderire, aderire, aderire perché stiamo raccogliendo dati concreti e verificabili per una corretta gestione dei nostri amici alati.

UNA “CALDA” MIGRAZIONE POST-NUZIALE 2022 DOPO UNA STAGIONE SICCITOSA
LA BUONA PRESENZA DEI MIGRATORI A LUNGO RAGGIO, LA “FURIA” CONCENTRATA DEL TORDO E L’OTTIMA PRESENZA DI LUCHERINO E COLOMBACCIO



(04/11/2022)

La natura è un libro complesso che per essere letto e compreso dapprima bisogna impararne l’alfabeto e poi la declinazione, così recita una frase dello scrittore Francesco Materasso nel suo libro “Scampoli di vita nella natura”. Una frase che si sposa bene con i tempi che stiamo vivendo dove meteorologia e abitudini degli abitanti della natura stanno cambiando. Bisogna infatti conoscere al meglio i protagonisti e i loro costumi legati alle nuove vicende naturali, che ogni anno seguiamo nei loro spostamenti, per cercare di capire i complessi meccanismi che li regolano. Se analizziamo la meteorologia, questo 2022 non verrà dimenticato facilmente poiché ci ha accompagnato una lunga stagione avarissima di precipitazioni. Se il periodo di giugno e luglio si è classificato al primo posto tra i più caldi del Bel Paese superando persino il rovente 2003, in agosto le temperature sono state meno estreme, ma preoccupanti. L’ultima estate, dati alla mano, si colloca così tra al secondo posto tra quelle più calde mai registrate in Italia. Il mese di agosto comunque ha avuto una leggera anomalia per quanto riguarda le alte temperature pari a più 1,6 °C registrandosi al quinto posto tra gli agosti più caldi nell’ultimo trentennio. Va sottolineato che il mese è andato però in controtendenza rispetto ai precedenti, per quanto riguarda le precipitazioni. Infatti, è stato il primo mese più piovoso dell’anno, soprattutto per quanto riguarda le regioni meridionali, in quanto si è avuta una percentuale di pioggia pari al doppio di quella che generalmente cade nello stesso mese. Stessa situazione si è avuta anche al centro-nord dove si sono avute diverse precipitazioni ma, a differenza del meridione, controbilanciate da periodi più siccitosi. Agosto chiude un periodo iniziato a gennaio tra i più siccitosi della storia, manifestandosi così in tutta la sua gravità per la difficile sopravvivenza della vegetazione spontanea e di quella coltivata. In questo caldo contesto meteorologico, gli uccelli hanno avuto un buon periodo riproduttivo favorito dal bel tempo, periodo che per alcune specie si è anche prolungato sino a tarda estate. Poi, coi primi temporali, avvengono come di consueto le prime partenze verso i lidi meridionali per alcune specie ornitiche come i Rondoni, unitamente ad alcuni limicoli come i Piro piro, le Pantane e i diversi Piovanelli segnando così l’inizio della migrazione. Nella prima decade, come da tabella di marcia, i primi transahariani come i vari Luì, l’Averla piccola, la Balia nera e i Beccafichi si sono fatti notare in bassa collina. Nel corso del mese, i movimenti si sono fatti più interessanti regalando agli osservatori un buon passo delle specie migratrici a lungo raggio. Così, dalla seconda decade, in pianura sono apparsi le prime Cutrettole, i Culbianchi, gli Stiaccini e i Prispoloni con la Quaglia ancora in canto in quelle campagne a lei più ospitali. Nelle aree umide, i Beccaccini sono apparsi in modo discreto unitamente ad altri limicoli che hanno intensificato il loro numero di presenze. Nei boschi, invece, si sono notati in buon numero Rigogoli e silvidi tra cui la Bigiarella e la Sterpazzola. E se nei territori settentrionali appaiono i primi migratori, è interessante vedere come l’attività di alcuni individui nidificanti sia ancora frenetica con lo svezzamento degli ultimi nati diventati già grandicelli, che seguono ancora i genitori per farsi imbeccare. Casi del genere si osservano nel Merlo, nel Colombaccio, nel Fringuello, in alcuni silvidi come la Capinera e anche qualche Cannaiola, per non parlare poi delle specie acquatiche come la Folaga, la Gallinella d’acqua, lo Svasso maggiore e il Tuffetto, solo per citarne alcune. Si arriva così al mese di settembre che secondo i dati meteo è stato il mese col maggior numero di trombe d’aria avvenute in Italia. Sebbene a livello europeo sia stato più freddo del normale, a livello mondiale è stato il quarto più caldo, con la Groenlandia territorio più interessato dall’innalzamento delle temperature. In Italia, il mese di settembre in generale è stato caldo, complice il calore immagazzinato dal Mediterraneo occidentale durante l’estate causando così la peggiore ondata marina di calore mai registrata. Questo ha incrementato l’intensità dei fenomeni temporaleschi. La migrazione ha visto l’evolversi del fenomeno con l’aumento dei contingenti numerici delle specie a lungo raggio e le osservazioni che si fanno più interessanti anche al centro e al sud del paese. Alla fine della prima decade, gli Irundinidi hanno cominciato a muoversi in gruppi lasciando i luoghi di nidificazione più nordici. Al nord, dalla seconda decade si fanno le prime osservazioni di Lucherini e sporadici Frosoni, mentre nelle campagne il Prispolone si è fatto notare in buon numero sino alla fine del mese. Continua il passo dei piccoli turdidi e con loro dei silvidi che al nord va scemando col finire di settembre. Tra gli anatidi si segnala in generale sul territorio la buona presenza del Germano reale, dell’Alzavola e della Marzaiola. Molto positivo, come ormai avviene da anni, è il numero del Colombaccio. Lo Storno ben presente a macchia di leopardo, si raggruppa in grossi branchi. Si arriva così ad ottobre quest’anno caldo con temperature sopra la media stagionale. La prima decade del mese si apre con la prima e concentrata “furia” del Tordo bottaccio. Il primo grande passaggio si manifesta al nord già a partire dal primo giorno del mese e si protrae sino ai primi giorni della seconda decade con un’ottima intensità. Solitamente si era abituati a una prima giornata intensa alla fine di settembre, per poi averne una seconda verso la metà del mese, invece quest’anno la migrazione intensa è iniziata con una decina di giorni di ritardo concentrandosi sino al 12 di ottobre. Diversamente, il centro e sud Italia non si registrano grandi osservazioni e questa caratteristica secondo i rilevatori si manterrà costante per tutto il mese. Dalla Grecia in questi periodi pervengono notizie di un passo prima ridotto dal giorno 8, mentre nelle regioni centrali della penisola greca il passo vero e proprio si registra dopo il 17 del mese e precisamente il giorno 19. Come per l’Italia, anche in queste regioni centrali si registra nello stesso periodo un ottimo passo del Colombaccio. Sempre dalla prima decade del mese al nord si cominciano a osservare le prime Allodole di passo e il Fringuello intensifica la sua presenza. In campagna si fanno notare le Pispole e i Fanelli che, nel corso della seconda e terza decade, insieme all’Allodola diventano molto più numerosi. Nel frattempo, il Lucherino mantiene la sua ottima presenza e ai Fringuelli, verso la seconda decade, sempre al nord del paese, si uniscono le prime Peppole. Per quanto attiene al Tordo sassello, vi sono osservazioni interessanti già ai primi del mese sebbene, meteorologicamente, si mantenga caldo con le temperature che regalano giornate miti e piacevoli. É un periodo questo in cui molti osservatori attivi sul campo si domandano come sia possibile avere queste specie alle nostre latitudini in un autunno le cui giornate sembrano di primavera inoltrata. A ciò, si unisce la sorpresa della buona presenza della Cesena che già ai primi del mese compaiono in bassa collina in alcune zone al nord e centro del paese. Preludio di una stagione invernale con numeri positivi per le specie? Nei boschi la Passera scopaiola e il Pettirosso sono le specie più numerose unitamente alle varie Cince. Ancora per quanto attiene l’ambiente boschivo si segnala alla fine della seconda decade la presenza della Beccaccia che compare sulle Prealpi e sull’Appennino centrale, dapprima con qualche sporadico esemplare poi, dalla terza decade più frequente anche in basa collina. Non si può parlare di ottima presenza del Merlo perché al nord come al centro Italia la sua presenza non entusiasma anche se alla fine di ottobre diventerà più numeroso insieme al Tordo sassello. Verso la fine del mese, il numero di Cesene aumenta per la gioia degli appassionati della specie. In un contesto meteorologico ancora buono su tutta la penisola con ancora, ahimè, scarse precipitazioni, comunque il Pettirosso unitamente al Lucherino e il Colombaccio sono le specie più rappresentative in fatto di numeri. Tra gli acquatici, come avviene da tempo, Germano reale e Alzavola sono numerosi. Buona la presenza anche del Beccaccino anche se molto più localizzato, vista anche la scarsità di terreni idonei causa le poche piogge. Per tornare a una stagione autunnale più abituale in campo meteorologico, si dovrà aspettare novembre quando già dai primi giorni le temperature rientrano nella norma stagionale. Da questo mese ci sarà anche la possibilità che le specie sopracitate, in particolare la Cesena, possano regalare nuove emozioni. Solo chi dedicherà tempo sul campo forse avrà questa fortuna, riservata agli assidui conoscitori e fruitori del mondo naturale. (Walter Sassi)

L’ALTA PRESSIONE FAVORISCE
UN VELOCE PASSO PRIMAVERILE 2022


(21/06/2022)

É un elemento che conosciamo bene. La meteorologia influenza la vita migratoria dei nostri amici alati e il loro orologio biologico, regolato dalla quantità di luce (fotoperiodo), spinge le specie a tornare a nidificare secondo dettate regole alle quali solo madre natura sa rispondere. Ebbene, i mesi dediti agli spostamenti verso i lidi riproduttivi sono stati favoriti da una serie di eventi meteo che hanno regalato belle giornate dal sapore tardo primaverile accompagnate purtroppo dalla scarsità delle precipitazioni, elemento negativo soprattutto per i lavoratori della campagna. È quanto rileva Copernicus Climate Change Service (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea, con il finanziamento dell’UE. Marzo è stato uno dei mesi più caldi di sempre. In Europa forse non ce ne siamo accorti, ma nel resto del mondo i dati parlano chiaro. Nonostante, come sottolineato, nel vecchio continente il mese di marzo si sia presentato come il terzo più freddo degli ultimi 10 anni, con una temperatura di 0,4 °C sotto la media, i dati a livello globale hanno evidenziato una situazione ben diversa. Condizioni di caldo anomalo sono state registrate in gran parte dell'Artico e dell'Antartico. Complessivamente in Italia si sono avute giornate tiepide, ma gelate notturne e la pioggia ha praticamente ignorato l’intero territorio. Tutto questo a causa di una persistente zona di alta pressione sull’Europa che ha impedito alle perturbazioni atlantiche di entrare nel Mediterraneo, generando correnti quasi sempre da Nord e da Est fresche, ma sterili. Anomalie termiche si sono registrate sulle Alpi con il Piemonte sempre in gran parte sopra la media, normale nel resto del Centro Nord salvo alcune zone di Emilia-Romagna e Marche un po' sotto la media. Sotto la media termica il Sud e le Isole. Riguardo alle precipitazioni un disastro totale, specie a Nord del Po. Aprile come il mese precedente è stato secco per gran parte dell'Italia poiché le precipitazioni sono state pochissime e circoscritte, cosicché la siccità è proseguita indomita da metà dicembre 2021. L'afflusso di aria asciutta si è accompagnato al transito di masse d'aria continentali e pertanto ancora piuttosto fresche. Questo ha mantenuto le temperature su valori inferiori alla media (1991-2020) di -0,39 °C. Le temperature sono state pressoché nella norma a parte sulle Alpi e in Piemonte, ove si sono mantenute sopra la norma. Maggio si è presentato nella prima decade con leggere piogge diffuse e localmente buone favorendo un poco di sollievo all’agricoltura e agli habitat, ma comunque insufficienti, anche perché sul versante italiano delle Alpi non è praticamente mai nevicato! Solo qualche territorio in Piemonte, in Emilia-Romagna, Basso Abruzzo, Sicilia Sud Ovest ha avuto accumuli discreti. Se guardiamo invece le anomalie termiche, è andata un pochino meglio fra il Sud del Po e l’Appennino Tosco Emiliano. Nel dettaglio, il passo primaverile ha avuto uno svolgimento pressoché veloce e solo in alcune zone, gli uccelli si sono fatti notare in numero discreto. Per quanto riguarda i grandi turdidi come Tordo sassello e Cesena, che avevano già manifestato una scarsità nel numero degli individui svernanti, i pochi soggetti presenti sono ripartiti velocemente, lasciando a bocca asciutta gli appassionati. Stessa situazione si è dimostrata con Passere scopaiole e Regoli. Durante il periodo migratorio hanno poi fatto una veloce comparsa alcuni motacillidi come Cutrettola e Prispolone. Buona la presenza della Balia nera e tra i turdidi a parte i Culbianchi e gli Stiaccini anche il Tordo bottaccio ha dimostrato, ancora una volta, un ripasso primaverile molto elusivo. Tra i fringillidi, la Peppola e il Lucherino sono stati presenti a lungo poiché i numerosi contingenti di soggetti svernanti che hanno caratterizzato la stagione invernale appena conclusa sono poi ripassati nel viaggio verso Nord. E tra il ritorno degli irundinidi, fra i quali il Balestruccio denota ogni anno un preoccupante calo numerico e, all’inverso, la presenza più o meno numerosa dei Rondoni, anche gli uccelli delle zone umide hanno fatto capolino tra i canneti. Così Marzaiola e Mestolone hanno dimostrato la loro fedeltà ritornando nei siti di riproduzione unitamente agli individui di passaggio verso il Nord Europa: molto abbondante, come non accadeva da decenni, il passaggio delle Marzaiole soprattutto lungo il litorale tirrenico, con grandi branchi del grazioso anatide a riposarsi in mare e a sorvolare le spiagge. I mesi primaverili appagano notevolmente l’osservazione sul campo, grazie alle tante specie del Paleartico in movimento che riempiono i territori di colori e canti e anche se il loro transito è caratterizzato dalla “fretta” con cui compiono i tragitti tracciati nel cielo, è comunque interessante poterle osservare. (Walter Sassi)

UN INVERNO SENZA SORPRESE
Insufficiente la presenza di grandi turdidi svernanti

(01/04/2022)

Nel 2021, l'Europa ha avuto il suo dicembre più freddo dal 2012, anche se diversi Paesi hanno sperimentato un caldo record alla fine del mese. È quanto emerso dal bollettino mensile Copernicus della Commissione europea. Dicembre è stato anche più piovoso della media in vaste aree dell'Europa centrale e meridionale mentre, al contrario, condizioni più asciutte della media si sono registrate sulle Alpi, in Scandinavia, in parti dell'Europa orientale e della Penisola Iberica. Il bollettino ha segnalato che a dicembre 2021 c'è stato un sorprendente contrasto di temperature in tutta Europa. Ad esempio, nel Regno Unito, temperature superiori alla media si sono concretizzate nel nuovo record giornaliero con 16,5°C a Capodanno. Al contrario, in tutta la Scandinavia e nell'Europa nord-orientale, le temperature sono state al di sotto della media. In Italia il mese di dicembre 2021 è stato più freddo solo sulle Isole, mentre è stato piovoso al Centro-Sud e assai siccitoso al Nord-Ovest, ove è caduta la metà della pioggia media. Il 2022 si è pertanto aperto con un anomalo anticiclone di Capodanno che ha portato aria umida e tiepida proveniente dall’Atlantico tropicale fino alle Alpi e che, tra il 27 e il 29 dicembre 2021, ha causato in Italia, Francia e Svizzera forti piogge fino a 2500 m di quota invece delle normali nevicate. Nei giorni seguenti, tra il 30 dicembre e il 2 gennaio, l’anticiclone nord-africano ha invaso tutta l’Europa centro-meridionale creando condizioni atmosferiche tipiche dell’estate, con al suo interno masse d’aria estremamente calde che raggiungevano valori di 10-15°C fino ai 1500 m di quota. Tuttavia, mentre tempo ben soleggiato e incredibilmente caldo caratterizzava le nostre montagne, nebbie e nubi basse invece coprivano gran parte della Pianura padana, parte del centro Italia e ampi tratti del bacino Mediterraneo, col fenomeno dell’inversione termica e temperature medie molto più basse che in montagna. Clima ovviamente di tipo primaverile nel Sud Italia, dove in molti si sono avventurati a fare un bagno fuori stagione al mare, cosa che in passato era riservata solo ai più temerari. In questo contesto meteorologico le specie arrivate dopo la migrazione post-nuziale che hanno svernato sul territorio, a parte alcune, non sono state particolarmente numerose. Hanno deluso alcuni grandi turdidi come la Cesena e il Tordo sassello che si sono fatti attendere invano. Buona la presenza del Pettirosso e della Passera scopaiola mentre va sottolineata l’ottima presenza del Lucherino, del Fringuello e, a differenza dello scorso anno, della Peppola che si è osservata in modo più che positivo. Assente, come lo scorso anno, il Frosone. Scarse le Pispole, lo Spioncello ed i Fanelli nelle campagne. Buona la presenza, anche se molto localizzata, dell’Allodola. Il Merlo ha fatto registrare un buon numero di presenze in quasi tutto il territorio e con lui il Colombaccio. E ancora tra i passeriformi va sottolineata la buona presenza delle Cince in generale e l’invasiva presenza dei corvidi come Gazza e Cornacchia grigia. Nelle aree umide sono stati segnalati un buon numero di Beccaccini. Stessa situazione si è registrata tra gli anatidi per l’Alzavola e il Germano reale che hanno accompagnato la presenza in modo più o meno numeroso di Ardeidi e dei Cormorani. Inoltre, nelle lagune venete e romagnole si sono contate moltissime Oche selvatiche e lombardelle. Conteggi che in Italia rientrano nel programma di censimento degli uccelli acquatici denominati International Waterfowl Counts (IWC), coordinato da ISPRA, che avviene nel mese di gennaio tramite un conteggio per ogni sito naturalistico individuato, con le stesse modalità ogni inverno, in modo da rendere efficaci i raffronti dei conteggi di anno in anno. Si è scelto il periodo non riproduttivo, poiché è il momento in cui le varie specie di uccelli acquatici sono scarsamente mobili e tendono a concentrarsi in zone idonee a trascorrere la stagione fredda. I conteggi diretti, ossia quelli effettuati con l'utilizzo di binocoli e cannocchiali, sono svolti cercando di mantenere la massima simultaneità dei rilevamenti, per ridurre al minimo il rischio di doppi conteggi. Concluso il periodo dello svernamento a febbraio si sono osservati i primi movimenti erratici a causa del classico stimolo migratorio. Una migrazione vera e propria è stata dimostrata dalle Gru che, di ritorno ai siti di nidificazione, si sono fatte notare coi loro forti richiami in varie parti della penisola ma soprattutto in Liguria tra il levante savonese e il ponente di Genova e in particolare nella giornata del 20 febbraio, nell’arco temporale di circa tre ore, dagli appassionati ne sono state contate più di diecimila; un vero e proprio record. E mentre nell’ultima decade del mese i passeriformi stanziali hanno iniziato a far sentire i loro canti territoriali alcuni e sporadici Tordi bottacci si sono notare al centro sud e nella bassa pianura padana dove pochi di loro hanno anche trascorso l’inverno. Sono comportamenti che appartengono al ciclo naturale di cui fanno parte i nostri amici alati e che si ripete in modo più o meno vario ogni anno alimentando negli appassionati curiosità, dubbi ed informazioni riferite alla vita di questi fantastici esseri viventi che per muoversi non hanno problemi nel sorvolare la moltitudine di frontiere naturali ma soprattutto quelle geopolitiche che l’uomo stesso a oggi non ha mai saputo abbattere. (Walter Sassi)
 

UN MUSEO ORNITOLOGICO AD APICE
(01/04/22)


Un nostro attento e fedele lettore, l’ornitologo Antonio Porcelli di Apice (BN), ci ha segnalato questa importante struttura nata con lo scopo di stimolare e divulgare l’interesse e lo studio dell’avifauna nonché di diffondere notizie sulle specie presenti sul territorio comunale e sugli uccelli migratori. Il Museo Ornitologico di Apice vuole anche rappresentare un centro di aggregazione per la cultura naturalistica e fornire strumenti di conoscenza e divulgazione in altri settori delle discipline naturali. Accoglie, infatti, oltre 2.000 volumi scientifici sull’ornitologia, 50 esemplari di uccelli impagliati (una collezione nata proprio dall’amore per l’avifauna di Antonio Porcelli), 300 nidi dell’avifauna italiana, 800 poster e 50 videocassette sull’avifauna mondiale, 150 gusci di uova e 20 coppie di canarini di razza pura.

L’ingresso è libero e il Museo è aperto tutti i giorni, anche la domenica, alle scolaresche e al pubblico in genere, e si trova presso l’ex Edificio Scolastico del centro storico di Apice, in Piazza Municipio 1.
Per info: dott. Antonio Porcelli, tel. 331/9607539 – email: antonio.porcelli1968@gmail.com.  

L’IMPORTANZA DEI FRUTTETI
IN AUTUNNO E IN INVERNO PER GLI UCCELLI
(04/12/2021)

In autunno e in inverno le cavità nei vecchi alberi offrono riparo a diversi passeriformi.  Ma se le piante, per loro natura, sono anche destinate alla produzione di frutta, oltre alla copertura possono fornire cibo. Gli ornitologi europei hanno osservato che sono 40 le specie di uccelli (di cui 35 passeriformi) presenti in 15 meleti e 15 piantagioni di peri condotti in agricoltura convenzionale, agricoltura biologica e protezione integrata durante il periodo invernale. Queste specie beneficiano in particolare dei frutti non raccolti (soprattutto se si trattano di mele) lasciati sugli alberi o sul terreno. A tal proposito si noti che i frutti che marciscono nel terreno diventano fertilizzanti naturali e aiutano ad arricchirlo. In un secondo studio, condotto da ornitologi francesi in inverno nei meleti nel sud-est della Francia, sono state osservate 41 specie e si è notato che i frutteti “moderni” convenzionali, dove molti frutti non vengono raccolti, possono ospitare anche una quantità e una qualità considerevole di soggetti che varia in base alla percentuale di frutta non raccolta. Osservando il loro comportamento alimentare si è potuto verificare che gli uccelli generalmente preferiscono i frutti ben maturi e appassiti, tanto che alcuni individui sembrano maggiormente attratti dai frutti ammuffiti. Alcuni individui li mangiano a terra, come ad esempio i Tordi e i Merli, mentre altri li beccano dai rami, come le Cince, in generale, e la Capinera (Sylvia atricapilla). Va comunque sottolineato che tra le specie europee che si nutrono regolarmente di mele in autunno e in inverno nei frutteti e nei giardini sono più frequenti lo Storno (Sturnus vulgaris), il Merlo (Turdus merula), il Tordo bottaccio (Turdus philomelos), il Tordo sassello (Turdus iliacus), la Cesena (Turdus pilaris), il Pettirosso (Erithacus rubecula), il Fringuello (Fringilla coelebs), la Peppola (Fringilla montifringilla), la Ghiandaia (Garrulus glandarius), la Cornacchia grigia e quella nera (Corvus corone), i  Columbidi e i Picidi in genere. In definitiva, i meleti e gli uliveti, così come altri tipi di frutteti, svolgono un ruolo importante per gli uccelli migratori e svernanti. (Walter Sassi)
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